Alcamo – I processi si fanno caso per caso. E sul delitto di Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, i due carabinieri uccisi il 27 gennaio 1976 all’interno della caserma di Alcamo Marina dove prestavano servizio, i processi ci sono stati, anche le condanne, ma si è scoperto essere stati giudizi, di colpevolezza, truccati. I condannati hanno ottenuto la revisione del giudicato processuale, furono costretti a confessare la loro colpevolezza, quando erano assolutamente innocenti, chi li ha accusati nel frattempo, e a ridosso di quel 1976, è morto suicida in carcere, e tutto è finito inghiottito in un grande buco nero.
A riaprire il caso in ultimo ci ha provato la commissione nazionale antimafia, quella della precedente legislatura, presieduta dal senatore Nicola Morra. Atti dell’inchiesta parlamentare sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica di Trapani. Ma come società civile abbiamo il dovere di interrogarci. Guardando al contesto. E quello che ci viene davanti agli occhi è quello trapanese, teatro di questi omicidi come di tanti altri. La terra dei “poteri forti”, intrecci tra mafia, politica, imprese, banche e…massoneria. Ci sono pagine e pagine di sentenze dove si fa riferimento a questa realtà, dove viene descritto il palcoscenico di quegli anni, dove apparati dello Stato facevano finta di attaccare la mafia, anche se ancora così molti non la chiamavano, anzi c’è di più, per tanti la mafia nemmeno esisteva, e invece con i mafiosi facevano accordi. Gladio arriva presto in Sicilia. Era già qui negli anni ’70 la struttura paramilitare creata in nome della guerra fredda, per organizzare un esercito di “patrioti” pronti a difenderci dal pericolo comunista. Ora immaginate questi gladiatori in Sicilia. A far che? Con il pericolo sovietico, l’est europeo è da tutt’altra parte. Gladio era qui per far altro. E quelli che erano patrioti forse erano tutto fuorché patrioti. La mafia, specialista negli inciuci, così faceva grandi favori. La Sicilia era una sorta di portaerei che guardava al Mediterraneo, ai paesi cosiddetti frontalieri. Nord Africa, Medio Oriente, il mare era pieno di un andirivieni di traffici…segreti. In terra di Sicilia però c’era da ottenere il lasciapassare di Cosa nostra. E così negli interscambi la mafia otteneva droga e armi. E incrementava i propri incassi. Denaro che puntualmente finiva nei grandi riciclaggi, dentro le banche siciliane innanzitutto.
Come due carabinieri che scoprono mezzi pesanti pieni di armi, un magistrato che si imbatte nei conti correnti di certi imprenditori, un altro ancora che scopre container in arrivo e in partenza dal porto di Trapani che portavano dentro cose del tutto diverse dalle merci dichiarate, un giornalista che intuisce la consistenza della mafia trapanese e non nasconde al pubblico che lo ascoltava le sue certe convinzioni, e potremmo andare avanti. Tutti fatti ufficialmente non collegati, ma che hanno lo stesso comune denominatore, delitti mafiosi con coperture eccellenti.
Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta non sappiamo da chi sono stati uccisi, ma certamente sono stati uccisi per aver fatto il loro dovere, in una terra dove all’epoca il dovere più forte esistente era quello di girarsi dall’altra parte. E questo avveniva però con il consenso di quella borghesia alla quale faceva comodo che qualcuno si sporcasse le mani, anche di sangue. Noi siamo soliti ricordare le vittime delle mafie nei giorni delle tristi ricorrenze. Può andare bene, possono essere apprezzati gesti, iniziative e cerimonie, ma nei giorni successivi abbiamo il dovere, ognuno di noi, di tirare fuori quella melma che ancora oggi copre questo territorio, questa provincia di Trapani. Perché quei tremendi inciuci di un tempo non sono stati cancellati, resistono, non possono esserci più i protagonisti di quel tempo, ma il sistema criminale esiste e resiste.
Allora raccontiamo le cose come sono andate, che Carmine e Salvatore non sono stati uccisi da dei balordi, che Ciaccio Montalto non è stato ucciso per caso, che Carlo Palermo doveva morire perché aveva guardato dentro le casseforti di certi partiti, che Mauro Rostagno fu ammazzato perché voleva denunciare l’esistenza del tavolino per la spartizione dei grandi appalti. Un contesto nel quale c’era un sistema pronto e lesto poi nel trasformare quegli omicidi quasi come se fossero conseguenza di fatti privati. Non erano delitti per fatti privati! Ammazzati perché per loro esisteva come prima cose il dover fare fino in fondo il loro dovere. Quello di dare un futuro onesto a questa terra dove tanti erano e sono i disonesti. A Trapani il tempo passa, ma le cose sembrano non cambiare mai, una ragnatela in cui si impiglia chiunque cerchi giustizia.
Milano – Innalzate le misure di sicurezza per il procuratore di Milano Marcello Viola e per la pm Alessandra Cerreti, entrambi sono già sotto scorta. L’inchiesta Hydra punta sull’alleanza in Lombardia tra camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra. L’allerta sale anche dopo l’arresto, casuale, di uno degli indagati trovato con un revolver in piazza San Babila
Minacce ritenute molto serie e circostanziate, che hanno portato ad innalzare le misure di sicurezza nei confronti dei due magistrati, mentre la Procura di Brescia, competente sulle indagini che vedono vittima le toghe milanesi, ha aperto una inchiesta.Il timore è che le minacce – si legge sulle pagine locali di Corriere della Sera e Repubblica – siano collegate con l’inchiesta ‘Hydra’ sulla mafia a tre teste, ovvero l’alleanza in Lombardia tra Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, entrata nel vivo con la conferma della suprema corte dell’impianto dell’accusa di mafia e l’esecutività degli arresti.
Tra questi Gioacchino Amico, poi scarcerato perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati, e Giovanni Abilone, ritenuto dagli inquirenti uno degli esponenti mafiosi collegati al mandamento di Castelvetrano di Matteo Messina Denaro. Scoperto anche un arsenale di armi: mitra, fucili, pistole automatiche e munizioni. E’ invece ancora irreperibile Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni, considerato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro.
Il procuratore Viola ha lavorato per anni tra Palermo e Trapani, in prima linea nella battaglia a Cosa nostra. Adesso però i livelli di attenzione sono massimi perché gli inquirenti temono un collegamento con l’inchiesta «Hydra» del Nucleo investigativo dei carabinieri e della Dda che proprio in questi giorni sta incassando la conferma degli arresti dalla Cassazione, dopo che il Riesame aveva accolto il ricorso della procura per 41 indagati in seguito alla bocciatura a ottobre ‘23 da parte del gip di 142 istanze di misura cautelare su 153.
L’inchiesta sulla «mafia a tre teste» con l’alleanza tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta è stata coordinata proprio dalla pm della Dda Alessandra Cerreti. E le minacce di morte risalirebbero a ottobre, periodo in cui il magistrato era in aula con il procuratore Viola per discutere i ricorsi al Riesame. Un segnale «inquietante» che confermerebbe la pericolosità del «sistema mafioso lombardo». Le indagini si muovono nel riserbo, ma mercoledì l’arresto del tutto casuale in piazza San Babila di uno degli indagati, Giovanni Abilone, con la scoperta di un arsenale nascosto di armi da guerra (mitra, fucili e pistole automatiche che ha detto di aver «trovato in montagna») ha allarmato ulteriormente questura e prefettura che già avevano «innalzato» le misure di sicurezza intorno ai due magistrati.
Abbiategrasso (Milano) – La richiesta d’arresto per lui era stata bocciata dal gip, come per molti altri, ma poi il Riesame ha accolto il ricorso della Dda di Milano e la Cassazione ha confermato quella decisone e disposto la custodia cautelare in carcere che doveva essere eseguita ieri. Ma Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni, uno degli indagati della maxi inchiesta “Hydra” sulla “alleanza” delle tre mafie nel nord Italia, è irreperibile. Per gli inquirenti, Parrino, residente ad Abbiategrasso, nel Milanese, collegato al clan di Castelvetrano, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia, che avrebbe unito presunti affiliati di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, e il defunto Matteo Messina Denaro, suo cugino da parte di madre.
La decisione del Riesame, che ha riconosciuto l’imputazione principale di associazione mafiosa come contestata dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandra Cerreti nell’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo, era arrivata lo scorso ottobre, dopo che il gip Tommaso Perna nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti. E bocciando l’accusa sul “consorzio” delle tre mafie, ribattezzato dai pm “sistema mafioso lombardo”. In questi giorni la Cassazione sta respingendo mano a mano i ricorsi delle difese contro il Riesame, come quello discusso venerdì dalla difesa di Errante Parrino. Alcuni arresti sono già stati effettuati nei giorni scorsi, mentre Parrino è irreperibile. Il caso “Hydra” aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti.
Nei giorni scorsi, poi, dopo le prime decisioni della Cassazione di conferma del Riesame, sono stati arrestati diversi indagati, tra cui anche Gioacchino Amico, presunto vertice della “struttura unitaria” lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese. Poi scarcerato, però, per motivi procedurali, perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati riconosciuti dal gip nella stessa inchiesta. Anche altri, come Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta, sono stati scarcerati per questo motivo e non è stato necessario un nuovo arresto per un altro indagato, difeso dall’avvocato Lorenzo Meazza.
Il Riesame, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, aveva disposto il carcere per 41 indagati e le udienze in Cassazione andranno avanti fino a metà febbraio.
Secondo le indagini della Dda, Errante Parrino avrebbe anche passato a Messina Denaro “comunicazioni relative ad argomenti esiziali”, mentre era latitante, anche perché il boss avrebbe avuto un interesse diretto, secondo i pm, “negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo”.
Per il Riesame deve andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra (l’udienza in Cassazione si terrà la prossima settimana).
Marsala – Nel corso di un servizio di controllo nella città di Marsala, predisposto in sede di riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura, stamane agenti del commissariato di Via Verdi hanno tratto in arresto un uomo.
I poliziotti, che da tempo monitoravano l’indagato, stamane nel corso di una perquisizione nella sua abitazione hanno rinvenuto e sequestrato quasi mezzo chilo di marijuana. L’uomo è stato così portato al commissariato di via Verdi per le procedure di rito.
Trapani – Un 18enne ed un minorenne sono stati arrestati dai Carabinieri della Stazione di Erice e della Sezione Radiomobile di Trapani per furto aggravato in abitazione e resistenza a Pubblico Ufficiale.
I Carabinieri, allertati dalla denuncia di furto di un cittadino che ha visto rubare la propria auto dal proprio garage, si sono messi sulle tracce del veicolo che tramite un dispositivo gps segnalava costantemente la posizione.
Rintracciata l’auto nei pressi del Tribunale del capoluogo, i Carabinieri intimavano l’ALT al maggiorenne alla guida che, vista la gazzella, si dava alla fuga. Giunti nei pressi di Viale Regina Elena il giovane arrestava la marcia, proseguendo la fuga a piedi lasciando in macchina il minorenne che è stato tratto in arresto. Il 18enne è stato rintracciato poco dopo per le vie del centro storico e arrestato.
A seguito dell’udienza di convalida il 18enne è stato posto ai domiciliari con braccialetto elettronico, mentre il minorenne, sottoposto a giudizio dalla Procura dei Minori di Palermo, che ha convalidato l’arresto, è stato sottoposto al collocamento presso una comunità.
Palermo – Sorpreso a rubare all’interno di una palazzina di proprietà F.S. ubicata nella stazione di Palermo centrale. Finisce in manette un 37enne di Termini Imerese. L’arresto è stato eseguito dagli agenti della Polizia Ferroviaria di Palermo.
Dopo una telefonata giunta alla Sala Operativa della Polfer, circa la presenza di una persona sospetta che si era introdotta furtivamente presso la palazzina dove ha sede la sala comando controllo dei treni regionali, i poliziotti, si sono recati sul posto, ed hanno appurato che degli operai avevano fermato un uomo con circa 20 chili di materiale ferroso, consistente in centinaia di perni e pendini per montaggio di strutture di controsoffitto e per segnalamento ferroviario, sostenendo di averlo sorpreso a rubare il materiale appartenente alla ditta che stava eseguendo lavori per conto di RFI.
L’uomo è stato preso in custodia dagli agenti della Polfer che lo hanno arrestato, mentre il materiale metallico oggetto di furto è stato restituito, nell’immediatezza, alla stessa ditta.
L’arrestato, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, è stato associato presso le camere di sicurezza della Questura di Palermo. Il giudice ha convalidato l’arresto e gli ha applicato la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di Termini Imerese, con obbligo di permanenza domiciliare nelle fasce orarie
serali e notturne.
“Giova precisare che la responsabilità penale delle condotte elencate sarà definita solo dopo l’emissione di eventuali sentenze passate in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di innocenza”.
Messina – Al culmine di una lite uccide la madre con 15 coltellate. E’ accaduto a Messina, in un’abitazione di via Cesare Battisti. La vittima è Caterina Pappalardo, di 62 anni, sul suo corpo sarebbero state contate oltre 15 coltellate. L’omicidio al culmine di un diverbio. Sul posto gli agenti della Mobile con il capo Vittorio La Torre, quelli della scientifica e i carabinieri, che stanno provando a ricostruire i fatti.
Il giovane Giosuè Fogliani di 26 anni è stato già arrestato che avrebbe ammesso le proprie responsabilità alla polizia. Secondo una prima ricostruzione, il giovane, al culmine di una lite in casa, avrebbe inseguito la madre e poi l’avrebbe colpita con almeno 15 coltellate. Ancora da capire i contorni della vicenda, sulla quale stanno indagando gli inquirenti.
Sembrerebbe che il giovane prima di uccidere la madre l’abbia stordita con lo spray al peperoncino. Il figlio avrebbe aperto la porta di casa alla polizia mentre era ancora sporco di sangue. Il magistrato che si sta occupando del caso è il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio.
Trapani – Un 22enne trapanese è stato arrestato dai Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Tutto è avvenuto nella zona del porto peschereccio del capoluogo. Il 22 enne vistosi scoperto mentre era intento in una presunta attività di spaccio, alla vista dei militari dell’arma si è dato a precipitosa fuga a piedi nel corso della quale ha cercato di disfarsi di involucri dalla tasca dei pantaloni, lanciandoli verso il mare
Dopo averlo bloccato ed identificato, i Carabinieri hanno proveduto a recuperare quanto poco
prima gettato in acqua, si trattava di hashish e crack. Dopo una perquisizione personale sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro anche circa 350 euro ritenuti probabile provento dell’attività di spaccio.
Tratto in arresto, dopo l’udienza di convalida, il 22enne è stato sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nei comuni di Trapani ed Erice.
Catania – “Sei la mia schiava, devi fare tutto ciò che ti dico”, urla alla moglie. Lei fugge, ma lui la insegue e la raggiunge nel terrazzo di casa colpendola prima con un tavolino di ferro all’addome e poi, quando la donna cade a terra, con dei calci in testa. E’ l’accusa contestata dalla polizia a un 61enne arrestato da agenti delle Volanti della Questura di Catania per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali alla moglie.
I poliziotti erano intervenuti dopo la telefonata con richiesta di aiuto fatta da una donna. Gli agenti trovano la signora sul terrazzino dell’abitazione, rannicchiata in un angolo e visibilmente impaurita, con alcune ferite alle mani e il viso sporco di sangue. La donna è stata poi soccorsa da personale del 118.
Pochi minuti prima, racconta agli agenti, il marito era andato in escandescenza aggredendola violentemente. Dal racconto della vittima è emerso che l’uomo, con precedenti per reati contro il patrimonio e spaccio di droga, avrebbe avuto spesso atteggiamenti violenti nei suoi confronti e che nel corso degli anni questi episodi sarebbero divenuti più frequenti. Inoltre, nel settembre dello scorso anno, sarebbe stata minacciata di morte con un grosso coltello da cucina, ma non avrebbe mai trovato il coraggio di denunciare il marito per paura di ritorsioni più gravi. L’uomo è stato arrestato e condotto in carcere in attesa del giudizio di convalida.
Alcamo – Una donna di 56 anni è stata arrestata dai Carabinieri della Compagnia di Alcamo per furto in
abitazione. La donna, dalle indagini effettuate dai militari dell’arma, avrebbe asportato gioielli dall’abitazione dove svolgeva l’attività di collaboratrice domestica.
A scoprire l’ammanco la figlia della donna accudita, che si sarebbe accorta del furto grazie alle immagini delle telecamere installate in casa. Con l’intervento tempestivo dei Carabinieri è stata eseguita una perquisizione personale che ha permesso di rinvenire all’interno delle tasche dei pantaloni i monili in oro poco prima asportati.
Da ulteriori accertamenti sarebbe emerso che sin dallo scorso mese di aprile la 56enne si sarebbe resa responsabile di altri furti di gioielli e monili per un valore di circa 20 mila euro, alcuni dei quali rinvenuti nella sua abitazione. La donna, dopo l’udienza di convalida, è stata sottoposta alla misura dell’obbligo di
presentazione alla P.G. due volte a settimana.