Erice – I Carabinieri hanno arrestato un ericino di 19 anni per detenzione illecita di sostanze stupefacenti e resistenza a Pubblico Ufficiale, sorpreso a spacciare nello stesso posto e nelle stesse modalità del coetaneo arrestato qualche giorno prima.
I Carabinieri, impegnati in un servizio perlustrativo nel quartiere San Giuliano, hanno notato il 19enne nella stessa via (via Urbino) e nello stesso posto in cui, qualche giorno prima veniva arrestato un 22enne.
I Carabinieri procedevano così all’identificazione e alla successiva perquisizione rinvenendo nella sua disponibilità 22 dosi di hashish per un peso complessivo di circa 18 gr. e la somma contante di 80 euro suddivise in banconote di piccolo taglio. Durante le operazioni il giovane tentava la fuga a piedi per sottrarsi all’arresto venendo fermato prontamente dai Carabinieri. A seguito dell’udienza di convalida il 19enne è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.
Marsala – I Carabinieri della Compagnia di Marsala hanno arrestato un 21enne per rapina e detenzione di arma clandestina.
Nella notte tra sabato e domenica 11 maggio, i militari dell’Arma sono intervenuti nei pressi della via San Teodoro a Birgi qui una ragazza, mentre era in auto con degli amici, era stata affiancata da un altro veicolo che l’aveva costretta ad arrestare la marcia.
A quel punto il conducente dell’autovettura, dopo aver infranto i vetri con un bastone ed aver minacciato la vittima con un coltello da cucina, si sarebbe fatto consegnare denaro, capi di vestiario ed un telefono cellulare per poi darsi alla fuga.
I tempestivi accertamenti eseguiti dai Carabinieri intervenuti sul posto hanno consentito di identificare il 21enne marsalese che, raggiunto presso la propria abitazione, è stato trovato in possesso della refurtiva rubata poco prima, del bastone e del coltello utilizzato, ed ancora di 11 grammi di marijuana e una pistola calibro 22, ad estrazione artigianale ed illegalmente detenuta, con 13 cartucce.
Il Gip di Marsala, su richiesta della Procura della Repubblica, condividendone pienamente l’impianto accusatorio, ha convalidato l’arresto e applicato la misura cautelare in carcere.
Marsala – Sventata dai Carabinieri della Compagnia di Marsala una truffa ai danni di un’anziana donna. Arrestato un 34enne catanese che ha tentato, con la tecnica del finto Carabiniere e del finto incidente stradale, di farsi consegnare denaro e monili in oro da una 80enne del luogo.
L’anziana 80enne era stata contattata sulla propria utenza telefonica da un uomo che, fingendosi carabiniere la informava che suo figlio era rimasto coinvolto in un sinistro stradale e che, per evitare l’arresto, bisognava subito consegnare del denaro contante o dell’oro ad un sedicente avvocato che si sarebbe presentato presso l’abitazione. Poco dopo si è presentato presso la sua abitazione il 34enne ma in quel momento, fortunatamente, una vicina di casa aveva ascoltato il dialogo e, rendendosi conto della truffa, ha avuto la prontezza di chiamare il 112.
I militari si sono precipitati presso l’abitazione dell’anziana sorprendendo il 34enne che si era già fatto consegnare soldi e monili in oro. Dopo l’udienza di convalida, il 34enne è stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Purtroppo queste modalità di truffa, ad opera di sedicenti Carabinieri che paventano finti incidenti stradali in cui sarebbero rimasti coinvolti dei propri cari, sono molto frequenti ed è di
fondamentale importanza, in questi casi, contattare immediatamente il 112. Ancora una volta, un tempestivo intervento, ha permesso di scongiurare che l’ennesima truffa andasse a segno.
Al fine di informare il più alto numero di cittadini, l’Arma dei Carabinieri organizza sul territorio dei seminari informativi presso i circoli ricreativi, le parrocchie ed altri luoghi di aggregazione
spiegando le modalità con cui vengono attuate le truffe in danno delle persone anziane e come difendersi: è di fondamentale importanza contattare immediatamente il 112 affinché si
possa tempestivamente intervenire.
Carini – I finanzieri del comando provinciale hanno arrestato due palermitani e sequestrato una piantagione di cannabis indoor. I baschi verdi del Gruppo pronto impiego, in considerazione del sempre più preoccupante e crescente consumo di droghe soprattutto tra i giovanissimi, hanno intensificato l’attività di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti. Ed è in tale contesto che le fiamme gialle hanno individuato una villetta isolata nelle campagne di Carini con annesso un grande fabbricato.
L’immobile, si trova in una strada a senso unico piuttosto impervia tanto da non consentire non le attività di osservazione e controllo. “È stato così opportuno e fondamentale, per osservare e monitorare per qualche giorno ciò che accadeva nell’edificio, l’utilizzo di droni muniti di telecamere con i quali sono stati effettuati numerosi e rapidi sorvoli in tutta l’area con registrazioni video. L’attenta analisi delle immagini così acquisite, ha consentito di notare come, nonostante la villetta sembrasse disabitata, fossero invece presenti due impianti di condizionamento sempre in funzione, che servivano il locale di pertinenza”.
Ad confermare l’ipotesi investigativa sull’esistenza di un sistema necessario al mantenimento di piantagioni di cannabis che hanno bisogno di una temperatura costante, l’impiego di condizionatori in un fabbricato non utilizzato. “L’attività investigativa è proseguita con la ricerca del proprietario dell’immobile. Le risposte più significative, come ormai accade sempre più spesso, sono state ottenute dalla consultazione di alcuni profili social, grazie ai quali è stato possibile accertare come la villetta fosse nella disponibilità di un uomo diverso dal reale proprietario, circostanza poi confermata il giorno dell’intervento. Visti gli elementi acquisiti, i finanzieri hanno effettuato una perquisizione dell’immobile constatando come, in realtà, all’interno ci vivesse una persona con reali funzioni di custode e gestore”.
Grazie al fiuto dell’unità cinofila, il pastore tedesco Mindy, in un mobile della cucina del fabbricato principale è stato rinvenuto, all’interno di alcune buste, un chilo di marijuana già essiccata e pronta alla vendita. Nell’edificio adiacente, dove erano stati notati i condizionatori accesi, è stata scoperta una ingente piantagione indoor composta da 250 piante di cannabis in vasi dell’altezza di circa 1,60 metri ciascuna, mantenute nelle condizioni ottimali di temperatura e cresciute grazie alla predisposizione di un avanzato impianto di areazione, illuminazione e deumidificazione dell’ambiente.
Il custode della piantagione è stato arrestato in flagranza di reato ora si trova al Pagliarelli. L’immobile è stato sottoposto a sequestro preventivo e la piantagione estirpata per le successive analisi e distruzione. Dagli elementi acquisiti nel corso dell’attività investigativa sono emersi chiari indizi di colpevolezza anche a carico di un secondo uomo. Dall’analisi delle banche dati, nonché da quanto pubblicato sui social network dagli indagati, “era infatti evidente come vi fosse un ulteriore uomo, corresponsabile insieme al presunto custode – spiegano dalla guardia di finanza -. Entrambi avevano pubblicato numerose foto e video che li ritraevano all’interno dell’immobile. Visto che non c’èstata flagranza di reato, si è proceduto a denunciare a piede libero il secondo uomo”. Per lui sono scattati i domiciliari.
Il peso totale delle 250 piante di cannabis è di circa 75 chili che una volta essiccate avrebbero reso circa 25 chili di marijuana, che al prezzo di mercato attuale avrebbe fruttato ai due palermitani almeno 200 mila euro.
Messina – Un altro femminicidio scuote la Sicilia, quello di Sara Campanella, 22 anni, originaria di Misilmeri, uccisa a coltellate in pieno giorno a Messina, davanti a decine di testimoni. Il presunto assassino è un ex compagno universitario, fermato dai Carabinieri dopo ore di ricerche. Il caso ricorda tragicamente l’omicidio di Lorena Quaranta, avvenuto lo stesso giorno cinque anni fa.
Chi ha ucciso Sara era un collega di università. L’avrebbe seguita, poi tra i due ci sarebbe stata una discussione e alla fine lui, innamorato senza essere corrisposto, l’avrebbe accoltellata. Una testimone racconta: “L’ho sentita gridare ‘basta, lasciami’. Poi un uomo ha cercato di rincorrere il killer”. L’ultimo vocale di lei a un’amica: “Il malato mi sta seguendo”.
Da una prima ricostruzione dei fatti, l’indagato ha sferrato due colpi: uno al collo e uno alla scapola.
Sara avrebbe urlato più volte “basta, lasciami”, secondo il racconto di testimoni che hanno assistito al delitto. Uno di loro avrebbe tentato di rincorrere il killer. “Mentre ero in piedi in attesa del bus ho sentito forti grida – ha detto infatti una donna che ha assistito al delitto – e subito dopo ho visto sul marciapiede di fronte una ragazza intenta a fuggire in preda al panico, piangendo in posizione piegata, come in evidente sofferenza”. Poi è arrivato un ragazzo “con un’arma da taglio in mano. Si è allontanato a piedi verso Messina, inseguito da un giovane che era con me alla fermata”.
Il 27enne avrebbe agito per gelosia: fatale una coltellata al collo. Si chiama Stefano Argetino 27 anni originario di Avola. È lui il principale indiziato per l’omicidio di Sara Campanella, la studentessa uccisa a pochi passi dallo stadio Celeste di Messina. I due frequentavano lo stesso corso di laurea in Tecniche di laboratorio biomedico all’Università di Messina. Secondo gli investigatori, il giovane non avrebbe accettato la fine della relazione.
Sara è stata accoltellata da dietro, con un fendente profondo al collo, davanti a numerosi passanti e un autobus pieno di gente. Una scena scioccante, consumatasi poco dopo l’uscita della giovane dal Policlinico universitario.
I Carabinieri del comando provinciale di Messina, guidati dal colonnello Lucio Arcidiacono hanno rintracciato e bloccato nella notte il giovane. Le ricerche sono state intense e continue: la città è stata setacciata fino a quando il giovane non è stato trovato fuori Messina e condotto in caserma.
La madre: “Amore mio, non è vero”. Appena ricevuta la notizia, Maria Concetta Zaccaria, madre di Sara, originaria di Misilmeri per raggiungere l’obitorio del Policlinico. Poco dopo è arrivato anche il padre, Alessandro Campanella, straziato dal dolore. Scene strazianti anche fuori dall’ospedale, dove amici e parenti si sono radunati in lacrime.
“Claudio, il fratello maggiore di Sara, studia Economia a Napoli. È sconvolto”, racconta Lorenzo Romano, amico di famiglia. “Tutti siamo increduli. Non sapevamo nulla di questo ragazzo. Sara era una ragazza solare e buona.”
Esattamente cinque anni fa era accaduto a Lorena Quaranta. L’omicidio di Sara avviene nello stesso giorno in cui, nel 2020, veniva uccisa Lorena Quaranta, studentessa di Medicina originaria di Favara, per mano del compagno Antonio De Pace. Anche allora, la tragedia colpì l’Università di Messina, lasciando un’intera comunità sotto shock.
Ancora una giovane vita spezzata. Ancora un presunto ex che uccide per possesso e rifiuto. Ancora una famiglia distrutta. Mentre le indagini continuano e l’Italia si interroga su come fermare la spirale dei femminicidi, la comunità universitaria e l’intero Paese si stringono attorno alla famiglia Campanella.
Sara Campanella, originaria di Misilmeri, frequentava il terzo anno della facoltà di Tecniche di laboratorio Biomedico nell’ateneo messinese faceva anche la tirocinante proprio nell’ospedale dove è stata portata in fin di vita. Dopo la notizia dell’omicidio, tanti studenti e colleghi della vittima sono andati al pronto soccorso disperati.
Il procuratore capo di Messina, Antonio D’Amato, ha spiegato, nel corso di una conferenza stampa, che “c’erano state delle attenzioni da parte di questo giovane, anche in maniera insistente e reiterata nel tempo”. Tuttavia, ha aggiunto, “allo stato delle indagini, non essendo mai queste attenzioni” diventate “né qualcosa di violento, né di minaccioso, né di particolarmente morboso, evidentemente non avevano destato una particolare attenzione da parte della vittima”. Resta però il fatto, si legge nel provvedimento di fermo, che il giovane “con cadenza regolare importunava la vittima, proponendosi, chiedendole di uscire e di approfondire il loro rapporto, non fermandosi neppure innanzi al rifiuto della ragazza”.
Alcamo – Turbolenta mattinata quella del 27 febbraio per gli operatori del Commissariato di Alcamo. Una semplice esecuzione di un provvedimento di detenzione domiciliare, misura alternativa alla detenzione in carcere, si è trasformata in momenti di tensione. Il provvedimento era stato emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo nei confronti di un noto pregiudicato alcamese che doveva espiare un residuo di pena per i reati di evasione e lesione personali commessi nel 2017.
Il pregiudicato una volta convocato negli uffici del Commissariato di Alcamo per la redazione degli atti, all’improvviso, è andato in escandescenza, alzandosi e tentando di uscire dall’ufficio minacciando di morte e spintonando gli operatori di Polizia che lo hanno però bloccato. Sono stati vani i tentativi della madre e del fratello che erano presenti di riportarlo alla calma. Visto quanto stava accadendo e dopo avere sentito il Pubblico Ministero della Procura di Trapani, l’uomo è stato arrestato in flagranza di reato per resistenza a Pubblico Ufficiale e, dopo le formalità di rito, trasferito presso la Casa Circondariale di Trapani in attesa del processo per direttissima fissato per il giorno successivo.
Dopo la convalida dell’arresto lo stesso è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico. Tuttavia, alla luce di quanto accaduto il giorno precedente, l’Ufficio di Sorveglianza di Trapani aveva sospeso il primo provvedimento che disponeva la misura alternativa della detenzione domiciliare disponendo, nel contempo, che il condannato continuasse ad espiare la pena all’interno di in un istituto penitenziario. Così, il cittadino alcamese è stato nuovamente accompagnato presso il carcere di Trapani, rimanendo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.
Lanzarote (Canarie) – Sta bene e vuole tornare presto a Favignana, Salvatore Sinagra il 30enne vittima di una violenta aggressione in un bar di Lanzarote, nelle Isole Canarie, rispondendo ad alcuni amici in un gruppo a lui dedicato :”Grazie mille per tutto sto bene e presto tornerò a Favignana”.
Sinagra si sta riprendendo, si è risvegliato ormai dal coma e dopo diverse settimane di ripresa, ha lasciato finalmente anche l’Ospedale Las Palmes, in Spagna, dove era ricoverato dopo il grave trauma cranico subito.
L’aggressione a Sinagra sarebbe scaturita a seguito di un banale diverbio, mentre il favignanese era con alcuni amici in un locale. Una telecamera esterna ha ripreso l’accaduto. Tutto si sarebbe svolto all’esterno del locale dove Sinagra in quel momento si trovava per fumare una sigaretta. Il responsabile dell’aggressione, un 25enne, è stato arrestato dalla Guardia Civil. Avrebbe confessato di aver colpito Sinagra con un pugno, senza l’uso di altri oggetti . Il 25enne, con una lunga fedina penale, era stato interrogato dal giudice del Tribunale di Arrecife, ed aveva confessato di essere stato lui a colpire l’italiano davanti un centro commerciale a Matagorda, zona turistica di Puerto del Carmen. Al giudice aveva poi aggiunto di fare uso di cocaina.
Per l’arresto, decisive sono state le testimonianze di alcuni presenti al pestaggio e le immagini delle telecamere di sorveglianza. Il giudice ha anche sentito alcuni testimoni che hanno confermato quanto dichiarato alla guardia civil. Tutti avevano accusato il 25enne reo confesso, fornendo dettagli anche sulle fasi dell’aggressione avvenuta dopo una discussione precedente avvenuta all’interno del locale Sin Nombre, tra i locali più frequentati di Puerto del Carmen.
L’episodio ha suscitato molto clamore. Sono state innumerevoli le manifestazioni di solidarietà. Dalla nascita di un gruppo social con amici e conoscenti, dove vengono condivisi quotidianamente pensieri, foto e frasi dedicate al giovane, ma anche aggiornamenti sul suo stato di salute, ai gruppi di preghiera, fino alle fiaccolate che hanno attraversato il centro di Favignana. Una comunità che si è mostrata unita e compatta e che lo attende presto a casa.
Palermo – Arrestato dalla guardia di finanza di Palermo un incensurato. Le indagini delle fiamme gialle hanno portato alla scoperta di un laboratorio per la produzione di crack in una casa che si trovava in uno dei vicoli della Noce. Nel corso di una laboriosa una perquisizione il ritrovamento di ingenti quantità di droga nel “centro” per il confezionamento delle dosi.
Sono stati sequestrati un chilo e mezzo di cocaina, involucri sottovuoto, 500 dosi già confezionate di crack e 100 dosi di cocaina. L’uomo, approfittando della favorevole posizione del proprio appartamento, all’interno del quale procedeva principalmente alla preparazione del crack e al confezionamento di piccole dosi di cocaina, aveva trasformato il balcone della propria casa in una sorta di piazza di spaccio.
Gli investigatori delle fiamme gialle hanno accertato che le dosi di crack e cocaina, dopo un breve contatto telefonico, venivano lanciate dal balcone ai vari clienti o pusher che si posizionavano sotto in attesa. E questo per evitare sospettati e contatti diretti o incontri con gli acquirenti. Ma anche per evitare il rischio di essere intercettati dalle forze dell’ordine nel corso delle consegne. I finanzieri, scoperte le modalità usate dall’incensurato per vendere la droga, sono intervenuti a controllare un acquirente che si stava allontanando dal vicolo dopo aver raccolto una dose di crack sotto il balcone.
Successivamente i finanzieri, quando il sospettato spacciatore si accingeva a uscire dal proprio appartamento, lo hanno fermato e sottoposto a controllo. L’uomo è stato trovato in possesso di circamille euro, ritenuti verosimilmente provento dell’attività illecita, è stato portato nella propria abitazione per la successiva perquisizione. Così è stata individuata una centrale di produzione e confezionamento di crack e dosi di cocaina, avvalorata dal ritrovamento in un armadio sito in camera da letto di alcuni panetti di cocaina e diversi contenitori in plastica con all’interno altri pezzi di cocaina parzialmente lavorati e pronti per essere trasformati in crack.
Trapani – La Polizia ha arrestato due trapanesi, in esecuzione di due distinti ordini di carcerazione, in quanto destinatari di condanne definitive per reati di violenza di genere.
I poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Trapani hanno prima arrestato un trapanese di 53 anni, condannato a scontare una pena a 4 anni e 5 mesi di reclusione per atti persecutori e violenza sessuale ai della dell’ex compagna: le violenze fisiche e psicologiche dell’uomo si erano spinte fino al punto di costringerla a rapporti sessuali non consenzienti.
Un secondo arresto è stato operato, sempre dalla Squadra mobile, nei confronti di un quarantenne anch’egli trapanese, che deve contare una pena detentiva di 5 anni e 5 mesi; in questo caso, l’uomo è stato condannato per maltrattamenti ai danni della convivente.
Entrambe le condanne scaturiscono da attività investigativa svolta dalla Squadra mobile di Trapani e coordinata dalla locale Procura.
Castelvetrano – I Carabinieri hanno arrestato e denunciato un 33enne del posto per resistenza a Pubblico Ufficiale e porto di armi od oggetti atti ad offendere.
L’uomo, irreperibile da inizio febbraio perché colpito da un provvedimento di sospensione dell’affidamento al servizio sociale e conseguente carcerazione, emesso dal Tribunale di Caltanissetta, è stato notato a piedi da due Carabinieri che liberi dal servizio transitavano per la via Campobello.
Il 33enne, all’ALT intimato dai Carabinieri, si è dato alla fuga ma è stato immediatamente bloccato. Dalla perquisizione effettuata è stato rinvenuto sulla persona un coltello dalla lama di 12 cm di cui lo stesso non riusciva a giustificarne il possesso, per questo è stato denunciato.
Tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza, l’uomo è stato tradotto presso la casa circondariale di Trapani.