Marsala
Caso Denise: no alla riapertura delle indagini
La procura di Marsala respinge la richiesta del padre legale della bambina
Laura Spanò28 Febbraio 2025 - Cronaca



  • Revoca misura Antonio Giancana Cronaca

    Marsala – La procura di Marsala ha respinto la richiesta di riapertura del caso relativo alla sparizione di Denise Pipitone la bambina di 4 anni scomparsa nel nulla a Mazara del Vallo l’1 settembre del 2004. La richiesta era stata presentata da Tony Pipitone padre legale di Denise, ed ex marito della madre della bimba Piera Maggio, che, insieme al padre naturale della minore Pietro Pulizzi, ormai da 20 anni chiede di sapere la verità su quanto accaduto alla figlia. Secondo gli inquirenti, non sarebbero stati prospettati nell’istanza elementi nuovi tali da giustificare una riapertura dell’indagine archiviata dal gip nel 2021. Per la scomparsa di Denise Pipitone era stata processata e assolta in via definitiva la sorellastra Jessica Pulizzi.

    Successivamente, sulla vicenda la Procura di Marsala aprì una inchiesta, poi archiviata nel 2021, a carico dell’ex moglie di Pulizzi e madre di Jessica, Anna Corona, e sul mazarese Giuseppe Della Chiave, entrambi indagati per sequestro di persona, e su una coppia di romani, Paolo Erba e Antonella Allegrini che si erano inventati di essere a conoscenza di particolari sul rapimento della bambina e per questo accusati di falsa testimonianza.




  • Marsala
    Omicidio Marisa Leo, la Procura ha chiesto l’archiviazione dell’indagine
    A decidere sulla richiesta di archiviazione sarà il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Marsala
    Redazione4 Febbraio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Marsala – La procura di Marsala ha chiesto l’archiviazione dell’indagine per l’omicidio di Marisa Leo, la 39enne di Salemi, responsabile marketing e comunicazione di una cantina vinicola, che il pomeriggio del 6 settembre 2023, nelle campagne tra Marsala e Mazara del Vallo, fu uccisa a fucilate dall’ex compagno, il marsalese Angelo Reina, 42 anni, imprenditore agricolo, che qualche ora dopo si suicidò sparandosi un colpo di pistola su un viadotto dell’autostrada A29 Mazara-Palermo, nei pressi di Castellammare del Golfo.

    L’Indagine sulla Provenienza delle Armi

    La coppia aveva una bambina che all’epoca aveva quattro anni. La Procura ha chiesto l’archiviazione per «morte del reo» ma l’indagine è andata avanti a lungo perché, probabilmente, mirava anche a fare luce su come il Reina fosse riuscito a procurarsi il fucile e la pistola, non avendo licenza per detenere armi da
    fuoco. E su questo fronte l’indagine sarebbe stata contro ignoti, per l’eventuale individuazione di favoreggiatori o complici.

    La Decisione del Giudice e la Dinamica dell’Omicidio

    A decidere sulla richiesta di archiviazione sarà il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Marsala. Leo fu uccisa dall’ex compagno in contrada Ferla, nell’azienda vivaistica della famiglia Reina. L’uomo le aveva dato appuntamento dicendo che le avrebbe riportato la bambina. E invece Angelo Reina lasciò la piccola dalla nonna e quando incontrò la sua ex le sparò almeno tre volte allo stomaco. Dopo,
    si allontanò in auto, per poi togliersi la vita.

    L’Adozione della Bambina e il Ruolo degli Avvocati

    Intanto, lo studio legale di Giacomo Frazzitta, che con gli avvocati Roberta Tranchida e Antonino Mastrantoni ha curato, nell’interesse della minore, la procedura per l’adozione della figlia della coppia, rimasta orfana di entrambi i genitori, fa sapere che esaminerà tutti gli atti che «sicuramente la Procura
    ha svolto con il massimo scrupolo» per «conoscere meglio tutti gli aspetti di questa tragica vicenda».




  • Caltanissetta
    Stragi, archiviata l’indagine per depistaggio sull’ex poliziotto Federico
    Si chiude il calvario giudiziario per Antonio Federico.
    Redazione4 Febbraio 2025 - Cronaca



  • Toga avvocato tribunale Cronaca

    Caltanissetta – Non c’è stato nessun tentativo di depistare le indagini da parte dell’ex poliziotto Antonio Federico. Per questo motivo il procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore de Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e la sostituta Nadia Caruso hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione per l’ex sovrintendente di polizia in servizio al commissariato di Alcamo, ormai in quiescenza. Inizialmente indagato per depistaggio , accusa poi derubricata in false dichiarazioni al pm, Federico è stato scagionato da tutte le contestazioni.

    La vicenda

    La vicenda del poliziotto di Alcamo, assistito dagli avvocati Vito Galbo e Maurizio Miceli, incrocia il filone investigativo condotto dagli inquirenti nisseni per cercare riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Armando Palmieri, poi deceduto all’improvviso nel 2023. Il pentito aveva raccontato gli incontri tra l’uomo d’onore alcamese Vincenzo Milazzo ed altri esponenti, “mai identificati con certezza”, che sarebbero “appartenenti ad apparati deviati dello Stato”. Incontri che sarebbero stati “mediati dalla presenza del medico e politico alcamese Lauria Baldassarre”. Vicenda giudiziaria già conclusa con l’archiviazione per Lauria, ex senatore di Forza Italia. In questo contesto, Federico è stato nuovamente ascoltato a Caltanissetta, visto che nel corso degli anni ha raccontato a diverse procure di aver avuto “contatti di un certo rilevo con una sua fonte confidenziale, appartenente ad ambienti istituzionali”. Grazie a questa fonte ha compiuto la perquisizione a “due agenti dell’Arma dei carabinieri in servizio ad Alcamo”, in cui è stato trovato un “cospicuo arsenale illegalmente detenuto”. La “fonte confidenziale” aveva informato l’ex poliziotto che avrebbe trovato anche “una fotografia di una donna”, che avrebbe anche lei fatto parte “a non meglio definiti apparati di sicurezza dello Stato”, e che avrebbe dovuto mostrare lo scatto a chi era presente alle perquisizioni, perché “avrebbero capito”. Un elemento per i magistrati nisseni rilevante, considerato che continuano ad indagare sulle stragi e proprio in quella Capaci è stato ritrovato “un guanto in lattice contenente anche un profilo di Dna femminile di cui non è stata, ad oggi, mai chiarita la provenienza”.

    Nella richiesta di archiviazione, i magistrati di Caltanissetta scrivono anche che in seguito alle indagini delle Dda di Firenze “è emerso con certezza che l’effige fotografica rinvenuta da Federico ritraesse Rosa Belotti”, ma che la figura della donna non è “mai emersa in relazioni alle attività di indagine svolte” e “non risulta avere alcun legame con ambienti istituzionali ricollegabili ai servizi di sicurezza”. Inoltre, il Dna recuperato a Capaci e comparato con quello di Belotti “ha dato esito negativo”. La donna è indagata dalla Dda di Firenze con l’accusa di essere “l’esecutrice materiale che ha guidato la Fiat Uno grigia imbottita di esplosivo sottratta alla proprietaria (…) condotta in via Palestro per colpire il PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea, ndr.) nell’ambito della strage a Milano del 27 luglio 1993”. Belotti ha però sempre negato il suo coinvolgimento.

    Le dichiarazioni degli avvocati difensori

    “Il decreto, – dicono i suoi avvocati Maurizio Miceli e Vito Galbo – nel fare proprie le ragioni del pubblico ministero scolpite nella richiesta di archiviazione, riconosce come il Federico nonostante abbia tenuto riserbo per tanto tempo per ragioni comprensibili, legate anche alla tutela dell’incolumità propria e dei propri cari e alla custodia delle proprie fonti, rivelandole soltanto innanzi alla Procura di Firenze, a distanza di anni, condividendo il proprio ingombrante sapere. Soltanto dopo le dichiarazioni rese agli inquirenti fiorentini, infatti, – aggiungono – è stato iscritto un procedimento penale con questa accusa decisamente infamante, dissoltasi dopo aver rinnovato la propria disponibilità ad essere interrogato e chiarire i contorni di questo incandescente patrimonio conoscitivo a seguito di un interrogatorio fiume di oltre cinque ore nella sede della Direzione Nazionale Antimafia, compulsato da due eminenti procuratori, di Firenze e di Caltanissetta”. Federico, peraltro, ha cercato, per quanto possibile, di chiarire alcuni aspetti che le autorità vaglieranno ai fini del buon esito delle indagini. “Un servitore dello Stato – puntualizzano – che ha rivelato quanto di sua conoscenza alla procura fiorentina senza indugi e senza sospettare di poter essere indagato per questo, di propria sponte, ci teniamo a sottolinearlo. Adesso il Federico è un uomo libero- concludono i suoi avvocati – tanto da censure penali quanto dal peso di alcuni segreti su vicende così rilevanti della parte più tragica della storia nazionale”.




  • Trapani
    Dopo l’archiviazione parla l’oncologo Filippo Zerilli
    Il professionista era finito indagato dalla procura di Palermo, nell'ambito delle indagini sui favoreggiatori di Matteo Messina Denaro
    Laura Spanò29 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Filippo Zerilli archiviazione indagini. Cronaca

    Trapani – Dopo l’archiviazione da parte della Procura di Palermo, parla l’oncologo trapanese Filippo Zerilli, ex primario del reparto di oncologia dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani. Il professionista pochi giorni dopo la cattura di Matteo Messina Denaro a Palermo, a gennaio 2023 era finito indagato dalla Procura di Palermo (la stessa che ora ha chiesto per lui l’archiviazione), nell’ambito delle indagini sui favoreggiatori dell’ormai defunto boss.

    La notizia dell’archiviazione per il professionista è stata la fine di un incubo

    Ecco cosa ci ha dichiarato:

    “Il 14 giugno 2024 è stato firmato il decreto di archiviazione delle indagini che mi hanno coinvolto nell’evento cattura di Messina Denaro. Quest’archiviazione conclude un incubo kafkiano che ha sconvolto la mia vita personale, familiare e professionale in seguito ad una visita istituzionale richiesta dall’U.O. di chirurgia dell’ospedale di Mazara del Vallo per un paziente operato di emicolectomia per carcinoma del colon. Questo paziente inoltre indossava la mascherina anti COVID (impossibile capire le sue fattezze).
    Nell’immediatezza del fatto, dopo che la mia casa era stata invasa e messa a soqquadro da una quantità impressionante di carabinieri alla ricerca di prove della mia colpevolezza, ho dovuto anche fronteggiare psicologicamente l’accanimento mediatico di tanti haters che neanche mi conoscevano. In questa condizione, mai nemmeno immaginata, mi ha sostenuto la consapevolezza della mia estraneità alle accuse della Procura antimafia, l’affetto della mia famiglia, che con me ha sofferto per questo sconvolgimento della nostra vita, quello dei parenti e degli amici che ci hanno fatto sentire la loro vicinanza in un frangente così difficile e le tantissime attestazioni di stima delle persone che mi conoscono”.

     




  • Trapani
    Archiviata la posizione dell’oncologo Filippo Zerilli. Il suo nome associato a quello di Matteo Messina Denaro.
    La vicenda è relativa ad una visita presso l’UOC del Sant'Antonio Abate segnata 9 dicembre 2020
    Redazione28 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Archiviazione oncologo Trapani Zerilli Cronaca

    Trapani – Arriva l’archiviazione per  l’oncologo trapanese Filippo Zerilli primario del reparto di oncologia dell’ospedale Sant’Antonio Abate del capoluogo. Zerilli era stato  indagato nel febbraio del 2023 nell’ambito dell’inchiesta sui favoreggiatori del boss castelvetranese.

    Per il medico ora, è arrivata l’archiviazione. Fin da subito l’oncologo con una nota personale aveva cercato di chiarire la sua posizione. “Non ho mai conosciuto Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale né ho avuto con lui contatti personali per fissare la visita oncologica”. Per l’accusa però Zerilli avrebbe sottoposto il boss ad alcuni esami legati alla sua malattia. Anche in questo caso come poi si scoprirà per altre visite e prescrizioni, Matteo Messina Denaro si sarebbe presentato con il falso nome di Andrea Bonafede.

    “Ho sempre esercitato la professione con scienza e coscienza – si era difeso l’oncologo – e non fa eccezione quanto accaduto in relazione al paziente Andrea Bonafede per il quale, il 3 dicembre 2020, in risposta a una richiesta di visita oncologica della Chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di Anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020, è stata fissata all’Unità operativa che dirigo, segnata nell’agenda di reparto il 9 dicembre 2020. Non vi è altra documentazione, a mia conoscenza, dalla quale risulti la presenza del paziente Andrea Bonafede all’ospedale di Trapani”. Ora può tirare un sospiro di sollievo l’incubo è finito.




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