Trapani
Scandalo sanità: gli indagati parlavano in codice in un bando per l’Asp di Trapani
Due indagati provarono ad adottare un linguaggio criptico parlando di «mozzarelle» e «pane cunzato»
Redazione13 Giugno 2025 - Cronaca



  • Dimissioni direttore sanitario Trapani Cronaca

    Trapani – Erano gestiti a tavolino da Antonino Sciacchitano, commercialista con una sfilza di incarichi nelle Asp di mezza isola, e ritenuto da i personaggi di spicco dell’inchiesta della Procura di Palermo, effettuata dalla guardia di finanza.

    L’andamento degli appalti veniva concordato tra i componenti delle commissioni che dovevano assegnarli e le imprese che partecipavano alle gare. Come a giugno del 2022 per un bando della Asp di Trapani per cui Giovanni Cino, faccendiere vicino a Sciacchitano, mette in contatto il commissario di gara Mario Marchese con Mario Festinese, referente dell’impresa che poi vincerà la gara, la Polygon.

    Marchese in una conversazione intercettata con Cino annuncia di essere abbastanza sicuro di poter garantire al gruppo imprenditoriale spalleggiato non soltanto l’aggiudicazione, ma addirittura un’aggiudicazione con uno scarto di assoluto rilievo sul secondo classificato (19 punti, se non addirittura venti).

    I due adottano un linguaggio criptico parlando di «mozzarelle» e «pane cunzato» , in maniera, tuttavia, «così tanto improvvida – scrive il gip – da lasciar intendere perfettamente a un ascoltatore anche poco meno che disattento quale fosse il vero oggetto della discussione».

    Dal canto suo Sciacchitano, sfruttando la sua influenza presso i vertici direttivi dell’Asp di Trapani, da presidente dell’organismo interno di valutazione fa pressioni per l’aggiudicazione definitiva alla Polygon Spa e peri accelerare il rilascio della certificazione antimafia.

    Nell’inchiesta che ha ancora una volta coinvolto la sanità siciliana, spunta il nome di Vincenzo Spera, ex commissario straordinario dell’Asp di Trapani. Il suo ruolo viene citato in più punti dell’ordinanza che ha portato agli arresti e alle interdizioni per imprenditori e manager coinvolti nel presunto sistema di corruzione che avrebbe truccato appalti milionari, tra cui proprio quelli dell’Asp trapanese.




  • Palermo
    Inchiesta sulla sanità regionale. I nomi degli indagati e le gare truccate
    L'inchiesta coordinata dal Procuratore Maurizio De Lucia
    Redazione13 Giugno 2025 - Cronaca



  • Antonio Maria Sciacchitano in abito formale e occhiali, sorride durante un incontro istituzionale – immagine di repertorio prima dell'arresto Cronaca

    Palermo – L’applicazione delle misure cautelari sono state disposte dal giudice per le indagini preliminari Carmen Salustro, su richiesta del Procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, dal Procuratore Aggiunto Paolo Guido e dai pm Giacomo Brandini e Andrea Zoppi.

    I nomi degli indagati

    Principale indagato è il il giudice per le indagini preliminari Carmen Salustro, Antonio Maria Sciacchitano, che è finito agli arresti domiciliari. Assieme a questi, Aldo Albano, provveditore dell’azienda sanitaria Villa Sofia-Cervello (obbligo di presentazione e interdizione per sei mesi), Pietro Genovese, ex direttore amministrativo dell’Asp di Caltanissetta e direttore della Unità economico-finanziaria dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, dirigente della gestione finanziaria, del bilancio e della contabilità dell’Asp di Catania (obbligo di presentazione e interdittiva per un anno, obbligo di dimora e interdittiva per un anno per gli imprenditori Umberto Maggio, Giuseppe Rifici, Giovanni Cino, Catello Cacace, Rosario Sortino, divieto di esercitare impresa per nove mesi per Antonio Tolomeo, Luciano Romeo, Milko De Seta.

    Sei le gare finite sotto indagine

    Le gare finite sotto inchiesta oggetto di “patti segreti e mazzette” sono sei: “Gestione, assistenza e manutenzione del parco apparecchiature biomediche” bandita dall’Asp di Trapani nel 2021; “Servizio integrato di sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico”, bandita dall‘ospedale Civico di Palermo nel 2022; “Servizio integrato di gestione delle aree operatorie, sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico”, bandita nel 2021 e revocata un anno dopo dall’Asp di Caltanissetta.

    “Fornitura di pasti in tutte le residenze sanitarie e centri diurni”, bandita nel 2022 dall’Azienda sanitaria nissena; “Servizio quinquennale di noleggio, lavaggio e disinfezione biancheria, fornitura divise per il personale e materasseria, gestione guardaroba e distribuzione interna, bandita nel 2022 dall’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello; “Servizio di lavatura, asciugatura, stiratura e governo della biancheria per i vari presidi di Palermo e provincia”, bandita nel 2022 dall’Azienda sanitaria provinciale di Palermo.




  • Palermo
    Terremoto nella sanità siciliana: appalti pilotati e mazzette. Dieci misure cautelari e 22 indagati.
    L'attività è stata scoperta dalla guardia di Finanza , Corruzione e turbativa d'asta per gare del valore di 130 milioni di euro, al centro del sistema ci sarebbe stato un noto professionista palermitano
    Redazione13 Giugno 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Palermo – La sanità siciliana ancora al centro di un ennesimo terremoto giudiziario. La procura di Palermo che ha coordinato le indagini  effettuate dalla Guardia di Finanza avrebbe scoperchiato un collaudato sistema di corruzione.

    L’ordinanza applicativa di misure cautelari personali

    L’ordinanza applicativa di misure cautelari personali (arresti domiciliari, interdittive, obbligo di dimora o di presentazione alla polizia giudiziaria) emessa dal G.I.P. presso il Tribunale del capoluogo ha raggiunto 10 soggetti, indagati a vario titolo per i reati di: corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

    Le indagini – condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – hanno consentito di far luce su casi di “malaffare connessi all’indizione e alla gestione di gare d’appalto del valore complessivo di oltre 130 milioni di euro varate da alcune tra le principali strutture sanitarie in ambito regionale. Il complesso degli elementi raccolti, ha evidenziato il coinvolgimento, nelle trame illecite ricostruite, di manager pubblici, imprenditori, professionisti e faccendieri; d’intesa, avrebbero agito in modo da orientare le procedure di gara in favore di determinate aziende.

    Il modus operandi

    Ecco come operavano gli indagati. Ad esempio con l’anticipazione ai referenti delle imprese da avvantaggiare di documentazione secretata relativa a gare ancora da bandire ed ancora, la “costruzione” di capitolati ad hoc sulla base delle indicazioni ricevute dagli stessi interlocutori, fino ad arrivare all’annullamento dei bandi laddove non graditi alle medesime imprese. Dalle investigazioni sono emerse anche manovre volte a indirizzare la formazione delle commissioni giudicatrici, inserendo componenti ritenuti di maggiore affidamento. In cambio ai pubblici ufficiali sarebbero state date o promesse tangenti di rilevante importo collegate al valore delle commesse e, talvolta, mascherate da accordi di consulenza, nonché sarebbero state prospettate altre utilità, anche sotto forma di assunzioni di prossimi familiari.

    La figura chiave

    Figura chiave, è quella di un noto commercialista palermitano, Antonio Maria Sciacchitano – finito ai domiciliari – che, forte di una fitta rete di relazioni e del potere d’influenza derivante da importanti incarichi fiduciari istituzionali ricoperti nell’ambito della pubblica amministrazione e di strutture ospedaliere, avrebbe operato quale anello di congiunzione tra le due dimensioni pubblico/privato. Componente del collegio sindacale dell’ospedale Civico e dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica. Presso il suo studio, nelle settimane scorse, nel corso di una perquisizione, sono stati trovati 44 mila euro in contanti mentre altri 3mila euro li aveva addosso.

    Poi ci sono l’imprenditore: Giovanni Cino, vicinissimo a Sciacchitano, e il faccendiere campano Catello Cacace. A Sciacchitano e Cacace il gip ha dato i domiciliari. Cino ha l’obbligo di dimora.

    Secondo gli inquirenti, le gare sarebbero state gestite illecitamente da una struttura piramidale che al suo apice vedeva proprio Sciacchitano, per l’accusa” in grado di coagulare intorno a sé faccendieri, funzionari pubblici e imprenditori scelti perché in grado di assicurare la miglior sintesi possibile fra istanze dell’imprenditoria e velleità di carrierismo e arricchimento illecito di pubblici dipendenti infedeli”. Sciacchitano era affiancato da Giovanni Cino e Catello Cacace che lo aiutavano nella cura delle relazioni create e alimentate con i funzionari pubblici e sul versante delle imprese, “per strutturare intese fra aziende in grado di creare realtà economiche tanto solide da poter partecipare ai bandi garantendo la credibilità e i requisiti economico-patrimoniali necessari”, dicono gli inquirenti.

    Per i magistrati un illecito comitato d’affari e influenze, vicino anche alla politica, per accaparrarsi i fondi della sanità siciliana, “affetta – è scritto nell’ordinanza – da una corruzione sistemica”. 




  • Caltanissetta
    A Resuttano arrestato il sindaco Rosario Carapezza
    Coinvolti nell'inchiesta altre tre persone
    Redazione4 Giugno 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Resuttano (Caltanissetta) – Con l’accusa di turbata libertà degli incanti e falso ideologico in alcuni appalti i carabinieri hanno arrestato il sindaco di Resuttano (Caltanissetta) Rosario Carapezza. Coinvolti nell’inchiesta anche il capo dell’ufficio tecnico del Comune e altri due impiegati dello stesso ufficio. Al momento per loro non sono scattate misure di restrizione personale. Ci sarebbero coinvolti anche alcuni imprenditori e liberi professionisti. Carapezza, che è agli arresti domiciliari, era stato assolto nel 2023 dall’accusa di corruzione elettorale. (Adnkronos)




  • Trapani
    Indagine su un appalto del Libero Consorzio di Trapani Corruzione: sotto inchiesta l’architetto Falzone
    L’appalto è quello della strada Salaparuta/Santa Margherita Belice. Le indagini della Mobile e della Procura di Agrigento
    Redazione15 Maggio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Trapani – Ci sta anche il licatese, Maurizio Giuseppe Falzone ( gli agenti hanno perquisito ieri abitazione e uffici), dirigente del settore affari pubblico del Libero Consorzio di Trapani, tra le 13 persone indagate nell’inchiesta della Squadra Mobile di Agrigento,  che ha scoperchiato un giro di appalti truccati in cambio di tangenti.

    Falsone è indagato per corruzione, secondo la procura di Agrigento, avrebbe concorso a pilotare l’assegnazione di un appalto bandito dal Libero Consorzio comunale di Trapani, si tratta della  strada provinciale 19 “Salaparuta-Santa Margherita Belice”.

    In carcere sono finiti: Diego Caramazza, 44 anni, e Luigi Sutera Sardo, 58 anni (ex assessore di Favara ed ex consigliere provinciale), entrambi di Favara. Mentre ai domiciliari sono finiti, invece, Sebastiano Alesci (ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Ravanusa), 67 anni, di Licata, Carmela Moscato, 65 anni e Federica Caramazza, 36 anni, rispettivamente mamma e figlia. Le accuse a vario titolo sono corruzione, turbativa d’asta, turbata libertà degli incanti, ricettazione.

    L’appalto finito nel mirino degli Investigatori e della Procura

    Tra gli appalti finiti nel mirino dell’ufficio guidato dal procuratore capo Giovanni Di Leo vi è la manutenzione straordinaria e ristrutturazione della viabilità della strada provinciale 19 “Salaparuta-Santa Margherita Belice”. Opera finanziata dal Ministero dei Trasporti con 2 milioni e 300 mila euro, stazione appaltante il Libero Consorzio ex Provincia di Trapani, che sarebbe stata “pilotata” – dietro il pagamento di una maxi tangente a dirigenti pubblici – in favore della famiglia Caramazza e dell’ex assessore Luigi Sutera Sardo.

    Secondo la Procura il metodo utilizzato per aggiudicarsi la gara d’appalto sarebbe stato il pagamento di una tangente di 135 mila euro in contanti che gli imprenditori favaresi avrebbero consegnato nelle mani del dirigente licatese Maurizio Giuseppe Falzone, dirigente del settore affari pubblico del Libero Consorzio di Trapani, attraverso l’intermediazione dell’attuale capo dell’ufficio tecnico del comune di Licata, l’architetto Sebastiano Alesci. Quest’ultimo è finito ai domiciliari. A tutti viene contestato il reato di corruzione in concorso e turbativa d’asta. L’architetto Alesci – secondo gli inquirenti – avrebbe infatti “suggerito” al dirigente Falzone i punteggi e i valori da assegnare all’appalto al fine di pilotarlo in favore della ditta “EdilRoad”. Lo stesso Alesci, inoltre, avrebbe poi ricevuto il denaro dai Caramazza per portarlo – in più tranche – al dirigente del Libero Consorzio.

    La contestazione a  Carmela Moscato

    Proprio per questo flusso anomalo di denaro contante, utilizzato per pagare le tangenti, che viene contestato il reato di ricettazione a Carmela Moscato, madre di Diego e Federica Caramazza. Per la procura, infatti, la signora avrebbe custodito in casa il denaro di provenienza illecita utilizzato poi dalla società dei figli per corrompere i dirigenti pubblici. Anche la donna è finita ai domiciliari.

    I nomi degli indagati

    Maurizio Giuseppe Falzone, 63 anni, di Licata, dirigente del settore lavori pubblici del Libero Consorzio di Trapani; Federica Caramazza, 36 anni, di Favara; Diego “Dino” Caramazza, 44 anni, di Favara; Rosaria Bentivegna, 67 anni, avvocato di Catania; Antonio Belpasso, 38 anni, di Catania; Sebastiano Alesci, 67 anni, dirigente dell’Ufficio tecnico comunale di Licata; Carmela Moscato, 65 anni, di Favara; Luigi Sutera Sardo, 68 anni, ex consigliere provinciale ed ex assessore del comune di Favara; Alessandro Vetro, 45 anni, di Favara; Alessandro D’Amore, 56 anni, di Matino provincia di Lecce; Vittorio Giarratana, 52 anni, di Ravanusa, dirigente del settore lavori pubblici del comune di Valguarnera; Giovanni Campagna, 46 anni, di Ravanusa, segretario particolare dell’ex assessore regionale Roberto Di Mauro; Giuseppe Capizzi, 38 anni, imprenditore e sindaco di Maletto.




  • Agrigento
    Appalti truccati in cambio di tangenti, cinque arresti della Mobile ad Agrigento
    In carcere finisce anche un ex assessore provinciale ed un ex consigliere comunale entrambi di Favara
    Redazione15 Maggio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Agrigento – Terremoto giudiziario nell’agrigentino. Gli investigatori della squadra mobile di Agrigento agli ordini del vicequestore aggiunto Vincenzo Perta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque indagati (due dei quali in carcere e tre ai domiciliari). I reati contestati sono corruzione, ricettazione, turbativa d’asta. L’inchiesta è stata coordinata dalla Procura guidata da Giovanni Di Leo che ha messo le mani su quella che sembrerebbe essere una vera e propria “tangentopoli”.

    L’inchiesta ipotizza un giro di appalti truccati in cambio di tangenti

    In carcere sono finiti Diego Caramazza, 44 anni, e Luigi Sutera Sardo, 58 anni (ex assessore di Favara ed ex consigliere provinciale), entrambi di Favara. Ai domiciliari sono finiti, invece, Sebastiano Alesci (ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Ravanusa), 67 anni, di Licata, Carmela Moscato, 65 anni e Federica Caramazza, 36 anni, rispettivamente mamma e figlia. Gli indagati (al momento) sono tredici che hanno subìto perquisizioni. Tra loro vi sono imprenditori, un avvocato, ingegneri e dirigenti pubblici. Le accuse a vario titolo sono corruzione, turbativa d’asta, turbata libertà degli incanti, ricettazione.

    Oltre ai cinque arrestati, tutti imprenditori tranne Alesci, ci sono altri 8 indagati fra tecnici e funzionari pubblici. Tra gli appalti “pilotati” figurerebbero i lavori di manutenzione straordinaria della provinciale 19 Salaparuta-Santa Margherita Belice, la riqualificazione e ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata e il primo stralcio della ristrutturazione e automazione per l’ottimizzazione della rete idrica del Comune di Agrigento, dal valore di oltre 37 milioni di euro.

    L’inchiesta varca i confini della provincia di Agrigento. Alcune perquisizioni, infatti, sarebbero state eseguite anche nel catanese, nel leccese, nel trapanese, a Ravanusa e Canicattì. Per tutti i coinvolti (ovviamente) vige la presunzione di innocenza e l’inchiesta – sebbene le misure di oggi rappresentino un tassello importante – è ancora in una fase iniziale.





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