Magenta (Milano) – È stato arrestato Paolo Aurelio Errante Parrino. E’ stato preso davanti a un ospedale. La latitanza di «Zio Paolo» è durata lo spazio di tre giorni. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano lo hanno fermato nel pomeriggio ieri all’ingresso dell’ospedale di Magenta nel Milanese. Errante Parrino 78 anni, presunto boss di Abbiategrasso parente da parte di moglie di Matteo Messina Denaro doveva essere arrestato lo scorso 25 gennaio, ma il boss si era reso irreperibile.
Gli investigatori, coordinati dal pm Alessandra Cerreti della Dda di Milano – oggetto di minacce negli ultimi tempi insieme al procuratore Marcello Viola -, hanno eseguito l’ordine di carcerazione diventato esecutivo dopo il rigetto del ricorso in Cassazione per l’inchiesta Hydra sull’alleanza mafiosa tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta.
Non è escluso che l’uomo venga ricoverato per questioni di salute. Il suo legale, Roberto Grittini, avrebbe già chiesto al Tribunale la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. Lo «Zio Paolo» è considerato dagli investigatori dell’antimafia il referente della mafia trapanese in Lombardia e avrebbe tenuto per anni anche rapporti con l’ex latitante di Castelvetrano.
Milano – Innalzate le misure di sicurezza per il procuratore di Milano Marcello Viola e per la pm Alessandra Cerreti, entrambi sono già sotto scorta. L’inchiesta Hydra punta sull’alleanza in Lombardia tra camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra. L’allerta sale anche dopo l’arresto, casuale, di uno degli indagati trovato con un revolver in piazza San Babila
Minacce ritenute molto serie e circostanziate, che hanno portato ad innalzare le misure di sicurezza nei confronti dei due magistrati, mentre la Procura di Brescia, competente sulle indagini che vedono vittima le toghe milanesi, ha aperto una inchiesta.Il timore è che le minacce – si legge sulle pagine locali di Corriere della Sera e Repubblica – siano collegate con l’inchiesta ‘Hydra’ sulla mafia a tre teste, ovvero l’alleanza in Lombardia tra Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, entrata nel vivo con la conferma della suprema corte dell’impianto dell’accusa di mafia e l’esecutività degli arresti.
Tra questi Gioacchino Amico, poi scarcerato perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati, e Giovanni Abilone, ritenuto dagli inquirenti uno degli esponenti mafiosi collegati al mandamento di Castelvetrano di Matteo Messina Denaro. Scoperto anche un arsenale di armi: mitra, fucili, pistole automatiche e munizioni. E’ invece ancora irreperibile Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni, considerato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro.
Il procuratore Viola ha lavorato per anni tra Palermo e Trapani, in prima linea nella battaglia a Cosa nostra. Adesso però i livelli di attenzione sono massimi perché gli inquirenti temono un collegamento con l’inchiesta «Hydra» del Nucleo investigativo dei carabinieri e della Dda che proprio in questi giorni sta incassando la conferma degli arresti dalla Cassazione, dopo che il Riesame aveva accolto il ricorso della procura per 41 indagati in seguito alla bocciatura a ottobre ‘23 da parte del gip di 142 istanze di misura cautelare su 153.
L’inchiesta sulla «mafia a tre teste» con l’alleanza tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta è stata coordinata proprio dalla pm della Dda Alessandra Cerreti. E le minacce di morte risalirebbero a ottobre, periodo in cui il magistrato era in aula con il procuratore Viola per discutere i ricorsi al Riesame. Un segnale «inquietante» che confermerebbe la pericolosità del «sistema mafioso lombardo». Le indagini si muovono nel riserbo, ma mercoledì l’arresto del tutto casuale in piazza San Babila di uno degli indagati, Giovanni Abilone, con la scoperta di un arsenale nascosto di armi da guerra (mitra, fucili e pistole automatiche che ha detto di aver «trovato in montagna») ha allarmato ulteriormente questura e prefettura che già avevano «innalzato» le misure di sicurezza intorno ai due magistrati.