Sequestrate due imprese agricole in operazione contro caporalato
L' operazione denominata “Black Economy”
Gli agenti della Sezione Investigativa del Commissariato di P.S. di Alcamo hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dalla Sezione per il riesame dei provvedimenti in materia di sequestro del Tribunale di Trapani il quale ha accolto parzialmente l’appello della Procura della Repubblica di Trapani proposto contro il rigetto disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Trapani.
Il Tribunale per il riesame ha ritenuto sussistente il fumus in relazione a tutti i delitti contestati, compreso quello di associazione a delinquere, decidendo di accogliere parzialmente l’appello proposto dalla Procura della Repubblica di Trapani la quale otteneva il sequestro delle imprese agricole e del relativo compendio aziendale riconducibile agli indagati alcamesi C.V., G.S., C.V., nonché un pregiudicato “mafioso”, attualmente detenuto, M.S., ed il sequestro di due autovetture riconducibili alla titolarità del predetto imprenditore agricolo C.V. e del caporale L.C.F., padre di uno degli indagati tutt’ora sottoposto a misura cautelare personale nell’ambito della medesima indagine.
In assenza di ricorso da parte di alcuni degli indagati, il provvedimento è diventato esecutivo ed ha colpito l’impresa individuale del pregiudicato mafioso castellammarese M.S., quella di C.V. – compreso un veicolo che ha utilizzato per trasportare gli operai - il cui compendio aziendale risultava intestato al coniuge di quest’ultimo, e un’autovettura utilizzata dal “caporale” L.C.N..
Il provvedimento del Collegio Giudicante assume una sua particolare valenza nell’ottica processuale nei confronti degli 11 indagati coinvolti nella vasta indagine contro il fenomeno criminale del “caporalato” denominata “Black Economy” che ha interessato principalmente il territorio di Monreale, Alcamo e quello limitrofo di Calatafimi e Castellammare del Golfo e che ha disvelato l’impiego, per lo svolgimento di attività agricola di diversa natura, di mano d’opera non contrattualizzata, spesso straniera, reperita in centri di accoglienza per migranti o comunque sempre proveniente da settori particolarmente disagiati della comunità locale.
La vicenda prende il via il 23 febbraio scorso quando è stata depositata la sentenza emessa dal Tribunale di Trapani che ha ribaltato l’ordinanza del G.I.P. emessa il 8 gennaio 2021 che aveva rigettato la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica sulla scorta dell’attività investigativa eseguita dagli Agenti del Commissariato di P.S. Alcamo nell’arco temporale tra il 2018 ed il 2019 e che ha avuto come oggetto il fenomeno economico criminale del c.d. “caporalato” nell’area settentrionale di questa provincia.
L’attenta analisi operata dal Collegio giudicante ha passato al setaccio le prove raccolte dagli investigatori, costituite da intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione e deposizioni delle p.o., evidenziando come, oltre all’illecita attività di reclutamento, l’impianto accusatorio rilevava la sussistenza, in tutti i capi d’imputazione oggetto della richiesta di misura cautelare, delle condizioni di sfruttamento del lavoratore e dell’approfittamento del suo stato di bisogno da parte del caporale/reclutatore e/o del datore di lavoro; proprio quest’ultime, secondo il G.I.P., non venivano ritenute configurabili dal complesso indiziario e probatorio raccolto dagli investigatori nell’ambito dell’attività d’indagine in parola.
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