Partanna – A 33 anni dalla morte, Rita Atria continua a rappresentare una delle storie più forti e simboliche della lotta alla mafia in questa provincia. Per questo, anche quest’anno, Libera e diverse associazioni hanno organizzato ancora una volta un momento per ricordarla e rinnovare l’impegno contro le mafie e la cultura della sopraffazione.
A Partanna, sabato 26 luglio, alle 17.30 ci sarà il raduno davanti al cimitero comunale, dove Rita è sepolta. Dopo l’ingresso, alle 17.40, si svolgeranno gli omaggi floreali, seguiti da momenti di riflessione e un omaggio musicale della flautista Verena Pestalozzi. L’iniziativa è organizzata da Libera, Articolo 21, Gens Nova e il Comune di Partanna.
Un omaggio a Rita per ribadire che la memoria non è un esercizio retorico, ma un impegno che continua. Rita Atria ha pagato con la vita la sua scelta di giustizia. Ricordarla oggi significa restituirle voce, dignità, presenza. E ricordarci che il cambiamento comincia anche da una ragazza di diciassette anni che ha avuto il coraggio di dire no.
Ogni anno, la data del 26 luglio, ci riporta alla mente il tragico destino di Rita Atria, la “picciridda” di Partanna, che, a soli 17 anni, decise di rompere il silenzio omertoso della sua famiglia. Un silenzio che, in quel lontano 1992, si infranse insieme al suo corpo, lanciato dal settimo piano di un palazzo di Roma.
Rita Atria denunciò e lo fece con il coraggio di chi sapeva di andare contro tutto e tutti: la sua famiglia, le regole del suo paese, la cultura dell’omertà. Lo fece dopo che Cosa nostra uccise il padre Vito e il fratello Nicola, entrambi legati alle famiglie mafiose del Belice.
Le sue denunce “gravi” trovarono ascolto nel giudice Paolo Borsellino, allora procuratore di Marsala, che divenne per lei un punto di riferimento. Il suo gesto di ribellione, tuttavia, la isolò ulteriormente. La sua testimonianza portò all’arresto di diversi membri della mafia, inclusi suoi parenti.
Sapeva che da quel momento in poi non avrebbe avuto più una famiglia, né un luogo sicuro dove rifugiarsi. Così viene trasferita a Roma, sotto protezione, ma a seguirla saranno sempre quel senso di solitudine e abbandono. Era Paolo Borsellino, il suo punto di riferimento, il suo ultimo appiglio di speranza.
Ma quando anche lui venne ucciso, Rita non resse al dolore. Una settimana dopo la strage di via D’Amelio, il 26 luglio del 1992, si tolse la vita gettandosi dal settimo piano della casa romana dove viveva sotto protezione.
Rita Atria fu testimone di giustizia, una figura rara e preziosa in un contesto sociale e familiare dove la legge del silenzio regnava sovrana.