Basket
Trapani – Nella nostra città, lo sport non è mai stato soltanto sport. È identità, è appartenenza, è uno dei pochi luoghi in cui una comunità si riconosce senza bisogno di spiegazioni. Ed è proprio per questo che la debacle di ieri a Sassari non può essere archiviata come una semplice sconfitta.
La partita persa contro la Dinamo Sassari racconta molto più del punteggio finale. Racconta una squadra stanca, svuotata, fragile prima nella testa che nelle gambe. Una Trapani Shark che sembra portare in campo un peso che non appartiene al gioco, ma a tutto ciò che negli ultimi mesi ha circondato il progetto sportivo.
Nei giorni scorsi la giustizia sportiva ha chiarito un punto fondamentale: nessuna responsabilità disciplinare, nessun illecito, nessuna scorciatoia. La Trapani Shark, sul piano delle regole, ha agito correttamente. È una verità che va detta, ribadita e difesa. Ma lo sport non si gioca nelle sentenze. Si gioca nel tempo, nella continuità, nella serenità che permette a una squadra di crescere.
Ed è qui che emerge il paradosso più amaro: assolta fuori dal campo, Trapani continua a pagare dentro il campo. Penalizzazioni, mercato bloccato, incertezze societarie mai del tutto superate. Una zavorra costante che non compare nei tabellini, ma che si riflette nella mancanza di lucidità, nelle partite che scivolano via senza reazione, nella difficoltà di reggere l’urto quando il livello si alza.
Si è chiesto ai giocatori di essere atleti, simboli, argine emotivo e risposta a problemi più grandi di loro. Troppo. Nessuna squadra può sostenere a lungo il ruolo di parafulmine di un sistema che fatica a trovare stabilità. E quando la fatica diventa cronica, il risultato è quello visto oggi: una resa prima mentale che tecnica.
A questo punto è necessario dirlo senza ipocrisie e senza alibi. I veri sconfitti non sono i tribunali, non sono i dirigenti, non sono nemmeno le classifiche. I veri sconfitti sono gli sportivi trapanesi. Quelli che credono nello sport come luogo di lealtà, di competizione pulita, di riscatto collettivo. Subito dopo, lo sport stesso, ridotto a campo di resistenza anziché di crescita.
A Trapani lo sport è una cosa seria. Proprio per questo oggi fa male. E proprio per questo non può essere raccontato con indulgenza. Perché quando una città smette di riconoscersi nello sport, la sconfitta più grave è già stata incassata.