Trapani
Processo Scialandro. Quelle dichiarazioni spontanee di Pietro Armando Bonanno
"Presidente da più di 20 anni non ha alcun rapporto con nessun genere di criminalità"
Laura Spanò9 Luglio 2025 -
  • Tribunale di Trapani, sede del Palazzo di Giustizia

    Trapani – La quarta udienza del processo “Scialandro” davanti al Tribunale, presidente giudice Troja a latere Marroccoli e Cantone, sta quasi per chiudersi. Dopo quasi tre ore, il controesame del maggiore dei carabinieri, Vito Cito da parte dell’avvocato Fabio Sammartano, legale di Pietro Armando Bonanno, si è concluso, ma ecco che dal carcere di Parma, al presidente del Tribunale, viene fatta una richiesta. “Presidente l’imputato Pietro Armando Bonanno ha delle dichiarazioni spontanee da fare”.

    Richiesta accolta e così l’imputato inizia a ribattere su quanto fino a quel momento il maggiore Cito aveva detto.

    Le dichiarazioni spontanee di Pietro Armando Bonanno

    In particolare si sofferma su alcune delle affermazioni dell’ufficiale dei carabinieri. Precisa di non avere avuto mai due cellulari, chiarendo che quello in suo possesso lo aveva cambiato con un altro più tecnologico perchè gli arrivavano messaggi da altre donne. Poi a riprova che lui non è il mafioso di cui si scrive e non tratta con mafiosi, ha ricordato al tribunale, cosa aveva scritto di lui nel 2016 il magistrato di sorveglianza: “Bonanno da più di 20 anni non ha alcun rapporto con nessun genere di criminalità”. Ripercorre sempre rivolgendosi al presidente, il momento in cui iniziò a lavorare a Reggio Emilia in una macelleria “perchè qua signor presidente non trovai lavoro”. Ad un certo punto ha anche precisato di avere intrapreso da tempo un percorso che lo ha portato a rifiutare la mafia: “nel 1994 signor presidente io ho denunciato alcuni mafiosi davanti al dottor De Francisci, ma poi non andai avanti nelle denunce, ma ho portato a conoscenza chi era il capomafia dell’epoca di Trapani, che era Vincenzo Virga. Io mafioso lo sono stato fino al 1992 poi non ho avuto più contatti, anche quando ora mi hanno arrestato non avevo nulla a che fare con i mafiosi. Io avevo il vizio del bere e nel ’92 fui allontanato per questo dalla mafia. Allora Vincenzo Virga voleva eliminarmi e a salvarmi la vita fu Francesco Genna. Io non faccio parte della mafia da più di 20 anni”.

    Ha spiegato perchè gli fu tolta la semilibertà: “non perchè mia moglie mi denunciò disse che ero un po’ nervoso, ma che non l’avevo mai toccata e così poi fu tutto archiviato”. L’imputato ha detto di conoscere alcuni degli imputati “dei galantuomini”, di avere visto per la prima volta Mariano Minore (imputato in questo processo presente in aula) per la prima volta nel 2004 “l’ho conosciuto per un minuto” e di averlo rivisto tempo dopo nel negozio di frutta e verdura dove lavorava.

    In videoconferenza anche: Giuseppe Maranzano, Mario Mazzara, Francesco Todaro, Francesco Lipari e Gaetano Gigante tutti imputati.

    Tra le domande poste dall’avvocato Sammartano al teste: i rapporti tra i fratelli Bonanno, del prestito chiesto dall’imputato al fratello Francesco (estraneo e non indagato come ha precisato il teste) e da questi rifiutato, della macelleria che Bonanno stava realizzando con la compagna a Bonagia (Valderice); del matrimonio di Bonanno. I rapporti tra Bonanno e i due Buzzitta, Andrea e Antonino. Se vi erano stati e quando incontri tra Bonanno e i Buzzitta. Tutte domande alle quali il teste ha risposto in maniera esaustiva o ha rimandato ad altre forze dell’ordine poiché non aveva lui stesso operato.

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