Mafia, il cappellano del carcere di Parma "messaggero" per il carceriere di Di Matteo
l frate non è indagato, ma il contatto con Giuseppe Costa emerge dal blitz che ha condotto all'arresto del boss
(Fonte Agi) - Il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, tornato in manette ieri mattina, aveva ricevuto un messaggio da un boss ergastolano detenuto, attraverso il cappellano del carcere di Parma. Il frate non è indagato, ma il contatto con Giuseppe Costa emerge dal blitz che ha condotto all’arresto del boss già condannato a vent'anni per per aver messo a disposizione la sua casa, in parte trasformata in una prigione per tenere sotto sequestro il figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo. Era tornato in libertà l 3 febbraio 2017, ma le microspie dei carabinieri, a distanza di poco più di un mese, hanno documentato i suoi contatti con i vertici della mafia di Trapani e Marsala.
Tra le telefonate annotate dalla Dia di Trapani emerge una conversazione datata 23 novembre 2019, tra il cappellano del carcere di Parma, Giovanni Mascarucci, e Giuseppe Costa, per invitarlo a mettersi in contatto con Vito Mazzara, boss condannato all’ergastolo per vari omicidi, detenuto a Parma e recentemente assolto per l’uccisione del giornalista Mauro Rostagno.
«Buongiorno, mi ha detto Vito..vi manda un caro saluto e spera di vedervi presto». Tanto che Costa, in una telefonata successiva, «confidava ad una sua amica che presto si sarebbe dovuto recare a Parma da suo zio», per aver sposato una delle nipoti del boss. Ad un mese di distanza da quell'intercettazione, i pm della Dda di Palermo (procuratore aggiunto Paolo Guido, sostituto procuratore Gery Ferrara), annotano una conversazione, che «dapprima verteva sulla necessità che Costa potesse aver un colloquio con Vito Mazzara all’istituto penitenziario di Parma, poi si incentrava sulla società calcestruzzi dei Barone, sulla cui Costa mostrava di essere pienamente informato». Secondo le indagini Costa voleva stabilire un controllo occulto sulla Calcestruzzi Barone, in cui «vi erano ancora attuali interessi e partecipazioni riconducibili ai mafiosi Pietro Virga (figlio del boss Vincenzo, arrestato da latitante nel 2001) e Vito Mazzara». (AGI)
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