Il Sesto in Afghanistan. Sindoni: "Italiani simbolo di libertà e garanzia di sicurezza"
Prosegue la missione in Afghanistan dei Bersaglieri di Trapani impegnati nel processo di transizione che porterà a cedere la responsabilità della sicu...
Prosegue la missione in Afghanistan dei Bersaglieri di Trapani impegnati nel processo di transizione che porterà a cedere la responsabilità della sicurezza del Paese all'Esercito e alle forze di Polizia nazionali e, quindi, alla conclusione della missione internazionale nata dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 2001 e che ha visto i militari italiani operare nell'ambito dell'International Security Assistance Force (ISAF) che, dal 2003, è sotto il comando della NATO. I nostri militari si trovano nella base operativa avanzata “Dimonios” che ospita la Transition Support Unit – South (TSU-S). A poco più di un mese da quando il Reggimento ha lasciato la caserma "Giannettino", correndo - come è nel dna dei fanti piumati -  dietro alla sua bandiera di guerra, abbiamo ascoltato il suo Comandante, il colonnello Mauro Sindoni, a cui è affidato anche il comando della TSU-S, che ha risposto in esclusiva per Trapanioggi.it alle nostre domande. Colonnello Sindoni, in quante e quali missioni all’estero è stato impegnato e quali differenze ha riscontrato con le passate esperienze? "La mia personale esperienza di missioni operative all’estero consiste in tre diversi mandati in Kosovo, a partire dal 1999, e quello in Afghanistan attualmente in corso. Rispetto a precedenti e diverse esperienze, il fatto di condividere, qui in Afghanistan, un’intensa esperienza operativa con il personale del Reggimento ha contribuito a rafforzare ulteriormente i rapporti di servizio e quelli umani, considerando la differenza delle maggiori attribuzioni e responsabilità connesse con l’incarico di Comandante". Cosa significa per il Reggimento che lei comanda questa esperienza, dopo gli altri impieghi in missioni all’estero e quanto l’essere stati presenti in altri teatri operativi è utile in un contesto delicato come quello afghano? In questo senso, il 6° Reggimento Bersaglieri, secondo lei, ha subito un’evoluzione? Dal controllo del territorio nazionale, all'Albania, al Kosovo, al Libano e ora l'Afghanistan… "Lo schieramento del Reggimento in terra afghana è avvenuto al termine di un intenso periodo addestrativo, permettendo così alla mia unità di essere in grado di rispondere alle esigenze della Forza Armata: l’esperienza acquisita negli anni in altri teatri operativi ha affinato, poi, la sensibilità e accresciuto le conoscenze di ufficiali, sottufficiali e graduati che oggi si confrontano in un contesto operativo delicato, ma con maggiore esperienza. E’ la consapevolezza di poter contare su un’unità ancora più matura, esperta, coesa al servizio del nostro Paese". In che tipo di attività i militari del Reggimento sono impegnati attualmente in Afghanistan e in cosa consistono le attività quotidiane? Ci descrive il vostro accampamento? Che tipo di organizzazione avete in atto? "L’impiego operativo del personale in missione si concretizza in un complesso di attività volte principalmente al controllo del territorio nella nostra area di responsabilità . Ormai la sicurezza della regione è interamente demandata ai colleghi delle forze di sicurezza afghane, Esercito e Polizia locali, continuiamo ad essere di supporto ad essi. Svolgiamo, inoltre, compiti di supervisione e addestramento delle forze di sicurezza afghane, utilizzando personale appositamente formato in Italia. La quotidianità si realizza in una suddivisione dei nostri compiti per tipologia di attività , giacché la marcata mutevolezza del contesto in cui operiamo rende impossibile stabilire una vera e propria routine: le attività principali riguardano principalmente la difesa delle basi, la costituzione di adeguate aliquote di militari come riserva di pronto intervento, il controllo del territorio mediante attività mobili e attività di scorta a convogli che si muovono nella regione. La vita all’interno delle basi è confortevole, ovviamente contestualizzata con il posto in cui ci troviamo, con parametri diversi da quelli nazionali: l’intento è quello di offrire a ciascuno il necessario spazio e tempo libero dopo l’impiego operativo, talvolta molto duro sia dal punto di vista fisico sia sotto l’aspetto psicologico. Viene molto curato il momento dei pasti che offre possibilità di sopperire non solo al primo aspetto che dicevo, ma anche al secondo mediante socializzazione e confronto. Infine, grazie alla tecnologia, vengono assicurati collegamenti con le rispettive famiglie in Italia, specialmente attraverso la connessione internet". Il rapporto con la popolazione e le autorità locali: quali sono i rischi presenti e quali quelli percepiti? "La naturale predisposizione degli Italiani ai rapporti sociali è ulteriormente accresciuta dalla provenienza geografica del personale per il loro calore mediterraneo, e dallo spirito di corpo peculiare dei Bersaglieri. Lo slancio dei ragazzi, al pari della generosità di chi li gestisce, pone le basi per un rapporto di cordialità e rispetto da parte della popolazione locale. La popolazione guarda agli Italiani come immagine di libertà e garanzia di sicurezza, desiderando per le proprie istituzioni locali uno standard simile". Con quali altri contingenti operate nella zona di vostra competenza e che tipo di collaborazione e di rapporto umano si è instaurato? "L’impiego operativo nel nostro settore è per definizione multinazionale. La coesistenza con contingenti militari di altre nazioni, con diverse culture e approcci professionali differenti, offre spunti di collaborazione che arricchiscono tanto il singolo quanto l’unità , in particolar modo nell’esigenza di ovviare a condizioni operative non sempre favorevoli. Nel contesto dei rapporti sociali, alcuni, per esempio, gradendo anche molto la nostra cucina, sono spesso ospiti nella nostra base; dal canto loro mettono volentieri a disposizione le loro capacità logistiche anche per le nostre esigenze nazionali". I militari del 6° Reggimento Bersaglieri riescono con facilità a comunicare con i familiari in Patria? "Certamente. La tranquillità dei ragazzi dipende molto dalla tranquillità delle rispettive famiglie cui va sempre dato atto di vivere la missione anche a distanza sostenendo il loro morale. Le comunicazioni sono garantite in particolar modo attraverso internet, con l’utilizzo di chat e video-chat". Colonnello, può già parlarci della conclusione dell’impegno del 6° Reggimento in Afghanistan e cosa augura a questo Paese e alla sua gente che lei ha modo di conoscere in occasione di visite e riunioni? "L’impiego del 6° Bersaglieri dovrebbe presumibilmente concludersi entro la fine dell’anno in corso, così come la presenza italiana in quest'area (ndr la regione di Farah). Al nostro rientro in Italia, mi permetterò di augurare ad amici e colleghi afghani di seguitare a lavorare per il loro Paese in modo convinto ed operoso, dando continuità all’impegno fin qui sostenuto dalla comunità internazionale. Sono convinto che la “fiamma” accesa del nuovo Afghanistan possa diventare così forte da non spegnersi più".
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