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Giangiacomo Ciaccio Montalto, nel ricordo la traccia per il futuro

25 Gennaio 2013 15:41, di Redazione
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Marene Ciaccio Montalto durante il suo intervento Capire prima e più di altri e agire di conseguenza, anche a costo della propria vita. La parabola ...

[caption id="attachment_28604" align="alignleft" width="300"] Marene Ciaccio Montalto durante il suo intervento[/caption] Capire prima e più di altri e agire di conseguenza, anche a costo della propria vita. La parabola umana e professionale di Giangiacomo Ciaccio Montalto si può condensare così, come hanno testimoniato in tanti, stamattina, tra coloro che lo hanno conosciuto  - professionalmente e umanamente - negli ultimi suoi anni di vita, spesi a Trapani, quella vita che è stata tragicamente interrotta il 25 gennaio di trenta anni fa. Il magistrato, ucciso dalla mafia, è stato ricordato, stamane, nel corso di un'intensa cerimonia nell'istituto scolastico trapanese che, dal 2002, porta il suo nome, alla quale hanno partecipato anche due delle sue tre figlie. Una pioggia di proiettili - esplosi da tre armi diverse - accolse il sostituto procuratore Ciaccio Montalto al suo rientro a casa, una villetta in via Carollo, poco fuori dal centro abitato di Valderice, e lui rimase lì, riverso nella sua auto per ore prima che qualcuno si decidesse a informare i Carabinieri. "Montalto è stato un magistrato moderno, precursore, per molti versi, di quella che è attualmente la figura ideale del nostro mestiere. Un magistrato attento ai cambiamenti del costume, umile e autorevole allo stesso tempo", ha commentato il Pm del Tribunale di Marsala Dino Petralia che ebbe modo di lavorare con lui quando era un giovane magistrato alle prime armi. Petralia ha raccontato con quale tenacia e perspicacia Montalto conducesse le sue indagini e ha voluto regalare al giovane pubblico anche qualche aneddoto, come lo scherzo che giocò al collega più anziano, che in quel periodo stava indagando sui traffici di droga di Cosa nostra in provincia di Trapani, quando decise di allestire una serie di finti fonogrammi che annunciavano la scoperta di una raffineria di droga ad Alcamo. "Giangiacomo fece un balzo alla notizia che confermava le sue ipotesi investigative e fu per me molto imbarazzante, poi, dover smorzare il suo entusiasmo rivelandogli che gli avevamo fatto uno scherzo", confessa Petralia. "La troveremo, Dino, vedrai", rispose Montalto e, in effetti, una grossa raffineria di droga fu poi scoperta dagli investigatori, proprio nei pressi di Alcamo. Il magistrato fu tra i primi a valersi, nelle sue indagini, degli strumenti messi a disposizione dalla legge La Torre e a comprendere che seguire la pista economica era la chiave per risalire ai tanti traffici illeciti della mafia e ai loro responsabili. La consapevolezza della centralità di Cosa nostra trapanese nel panorama mafioso è stato sicuramente uno degli elementi che hanno guidato l'azione di Ciaccio Montalto, come hanno ricordato il direttore di Rai Sicilia Salvatore Cusimano e poi anche Giuseppe Linares, dirigente della Divisione anticrimine della Questura di Trapani, che ha sottolineato quante e quali siano state le operazioni, portate avanti negli anni successivi all'uccisione del magistrato, in cui abbiano trovato conferma le intuizioni di Montalto, quelle intuizioni che - molto probabilmente - gli sono costate la vita. "Stiamo imparando a conoscere chi è stato il magistrato Ciaccio Montalto dai vostri ricordi, dalle vostre testimonianze", ha commentato una delle figlie, Marene, nel suo commosso intervento. "Io e le mie sorelle ricordiamo il padre allegro, affettuoso e compagno dei nostri giochi - ha proseguito - il padre che ci ha trasmesso l'amore per la musica, per l'arte, per il mare. Un padre che ci è stato tolto troppo presto". Marene ha ricordato come lei e le sue sorelle, insieme alla madre, avessero dovuto lasciare Trapani, per trasferirsi nel Nord Italia, a causa delle minacce che, anche dopo la morte del magistrato, continuavano ad arrivare alla famiglia: "Gli eroi non sono soltanto le vittime, ma anche chi resta, in casi come il nostro: abbiamo dovuto affrontare tanto dolore, tante difficoltà, anche se nostra madre ha fatto il massimo per proteggerci, per farci crescere serenamente". E ancora: "Oggi si ricordano i trent'anni dell'uccisione di mio padre, ma per noi è ancora difficile parlare di ciò che è accaduto, per noi il 25 gennaio è stato ogni giorno, per tutti questi trent'anni". Ha chiuso gli interventi della mattinata quello del giornalista Rino Giacalone che si è occupato della vicenda di Ciaccio Montalto come di tante altre legate ai misfatti di Cosa nostra in provincia di Trapani. "C'è ancora tanto da fare, ma rispetto ad allora - ha detto riferendosi al clima cittadino in cui quel delitto maturò e venne vissuto - di certo almeno una è cambiata: c'è più consapevolezza e più apertura nell'indicare i pericoli della presenza mafiosa nel nostro territorio. Non accadrebbe più, come allora, che studenti che saltano la prima ora di lezione per andare a rendere omaggio alla salma di  Ciaccio Montalto, esposta nella camera ardente, venissero sospesi dal dirigente scolastico. E quello che è avvenuto stamattina all'istituto comprensivo "Giangiacomo Ciaccio Montalto" di Trapani ne è la dimostrazione indiscutibile.

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