Trapani – A maggio, anche il vento che arriva dal mare sembra più gentile. Trapani si risveglia con un cielo più limpido del solito e una parola che risuona tra le case, le cucine, i messaggi lasciati sul tavolo accanto al caffè: mamma.
Non è solo un’abitudine, non è solo un giorno segnato in rosso sul calendario. La Festa della Mamma porta con sé una storia lunga e stratificata, che parte da lontano – dalle dee greche della fertilità, dalla Madre Terra celebrata dai Romani – e arriva fino a noi, con il profumo del pane appena sfornato e delle margherite raccolte in cortile.
Le prime forme di questa celebrazione si perdevano tra i riti pagani e la primavera, stagione che da sempre evoca nascita e rinascita. Poi venne il tempo del cristianesimo, e il volto della maternità assunse i tratti di Maria, la Madre per eccellenza, venerata a maggio con processioni e preghiere.
Ma ci volle molto tempo perché la figura della madre reale, quella con i grembiuli macchiati e le mani stanche, trovasse un posto ufficiale nel cuore del calendario.
La festa moderna nasce negli Stati Uniti, all’inizio del Novecento. Anna Jarvis volle ricordare sua madre Ann, attivista pacifista, con una giornata di riflessione e riconoscenza. Era il 1914 quando il presidente Wilson istituì ufficialmente la “Mother’s Day”, fissandola alla seconda domenica di maggio.
Un gesto di amore, che presto sarebbe stato esportato in tutto il mondo.
In Italia, invece, il primo passo fu meno romantico. Era il 1933 quando il regime fascista introdusse la “Giornata della madre e del fanciullo” il 24 dicembre, con fini propagandistici legati alla natalità.
Fu solo nel dopoguerra, quando il Paese cercava di ricucire le proprie ferite, che la festa prese una forma più vera.
Due le spinte principali: da un lato don Otello Migliosi, parroco di Tordibetto di Assisi, che negli anni ’50 celebrava la maternità come dono spirituale. Dall’altro, un gruppo di fiorai liguri che spinse per far coincidere la festa con il periodo delle fioriture e dell’amore filiale.
Fu così che la seconda domenica di maggio si impose anche qui.
In Sicilia, e a Trapani in particolare, la parola mamma ha un’eco speciale.
Si sente tra i vicoli del centro, nei mercati del pesce all’alba, nei salotti di via Fardella, tra un piatto di cous cous e un bicchiere di Marsala.
E anche quando arriva da lontano – mamá, maman, mum, eomma, okaasan, māmān – la riconosci lo stesso. Perché ha sempre lo stesso suono: quello di chi ti tiene, ti aspetta, ti perdona.
Oggi, la Festa della Mamma è forse cambiata nei gesti – più messaggi vocali che fiori recisi – ma non nel sentimento.
Resta un giorno in cui fermarsi, magari fare un salto al cimitero con un fiore in mano o portare la colazione a letto.
Perché in fondo, anche quando non ci sono più, le mamme continuano a starci accanto.
Nei modi di dire, in quel tono di voce che usiamo quando siamo preoccupati. O in un piatto cucinato “come lo faceva lei”.
In Italia è mamma, piena e tonda come una ciambella della domenica.
In America è mom, in Inghilterra mum, rapida e tenera come un saluto prima di uscire.
In Spagna si allunga in un dolce mamá, in Francia si ammorbidisce in maman.
In Russia è мама (mama), in Germania Mama, a volte Mutti, con quel suono che scalda anche i giorni freddi.
In Brasile diventa mamãe, in Turchia è anne, in Grecia μαμά (mamá).
In India si dice माँ (mā̃) o मम्मी (mammī), in Giappone お母さん (okaasan), in Cina 妈妈 (māma).
Nei paesi arabi è umm o mama, e in Africa orientale, lungo la costa, basta un mama per sentirsi a casa.
In Corea è 엄마 (eomma), in Iran مامان (māmān), in Israele אמא (ima).
E in tutte queste lingue, sotto accenti diversi e lettere sconosciute, vibra lo stesso significato: rifugio, tenerezza, forza, perdono.
In questo giorno che il calendario dedica a loro – ma che forse dovremmo vivere ogni settimana – lasciamo parlare quella parola.
Senza frasi fatte, senza regali obbligati.
Solo un “grazie, mamma”, detto nel modo in cui ci viene meglio. Con la voce, con un messaggio, con un gesto.
In qualunque lingua parli il nostro cuore. Auguri Mamme