Trapani – La città di Trapani si prepara a ricordare l’anniversario dell’omicidio del giudice Alberto Giacomelli. La cerimonia si terra nella piazzetta nei pressi del Tribunale alle 9,30.
Il delitto è il primo di due omicidi che nel giro di 12 giorni, nel settembre del 1988, scuoteranno una Trapani sonnolenta. Il giudice (in pensione) Alberto Giacomelli venne ucciso a Locogrande, nella via Falconara, esattamente 37 anni fa, il 14 settembre del 1988. I mafiosi cercavano un giudice da ammazzare, così raccontò qualche pentito, un giudice da ammazzare.
Quel giudice da uccidere fu Giacomelli. A dare l’ordine Totò Riina, che si ricordò di Giacomelli e di una confisca firmata dal giudice nel gennaio del 1985 (quando Giacomelli presiedeva la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani). Una confisca a danno di Gaetano Riina, fratello di Totò, al quale venne tolta una casa di Mazara del Vallo, dove i Riina si erano da tempo trasferiti, accolti da Mariano Agate, boss di Mazara e da dn Ciccio Messina Denaro, boss di Castelverrano e capo della commissione provinciale.
Alberto Giacomelli quel 14 settembre del 1988 risultò per i sicari mafiosi un obiettivo agevole da colpire, era in pensione, di solito si muoveva da solo, e stava molto in campagna.
Tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto fu il procuratore di Marsala Paolo Borsellino, c’era una guerra di mafia in corso. Ma qualcuno portò le indagini altrove, su quel giudice Cosa nostra usò la strategia del mascariamento cosa che sa fare benissimo, ma in realtà la verità era a portata di mano.
La «strategia» mafiosa contro Giacomelli non si consumò solo col delitto, partì pure la delegittimazione, che nei fatti di mafia secondo un preciso rituale è una costante, colpa di una società dove è facile fare attecchire le fandonie e che è attenta a ciò che è pruriginoso, e così si cominciarono a raccontare episodi, scoperte infondate, come la gestione di terreni e di soldi da parte del giudice, quasi che alla fine il colpevole della sua morte fosse stato lui stesso, e poi quando proprio non se ne potè fare a meno venne fatto saltare fuori un (falso) pentito che portò gli inquirenti a prendersela con una banda di balordi. Bugie solo bugie.
La morte di quel giudice perbene fu avvolta dall’oblio