Trapani
Dia: “Cosa nostra tra avvicendamenti e tentativi di stabilizzazione tra le nuove e le vecchie generazioni”
Senza una vera leadership la mafia continua ad essere presenza silenziosa ma incisiva nell’economia legale
Redazione27 Maggio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Trapani – Cosa nostra non è sconfitta, ma è viva, radicata e ancora organizzata secondo un modello verticistico. È questo quanto emerge dalla Relazione semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), presentata dal Direttore, Generale di Corpo d’Armata Michele Carbone.  Una relazione che offre una mappa dettagliata delle mafie presenti su tutto il territorio nazionale, con un’attenzione particolare anche alle organizzazioni criminali straniere attive in Italia.

    In Sicilia riflettori accesi sulle province di Palermo, Trapani e Agrigento.

    Inquietante il report tracciato dalla relazione annuale 2024 della Direzione Investigativa Antimafia. La provincia di Trapani si conferma territorio ad alta densità mafiosa, con un radicamento storico delle consorterie di Cosa nostra, ancora oggi operative attraverso metodi raffinati e una presenza silenziosa ma incisiva nell’economia legale.

    A testimoniarlo i 3.315 provvedimenti interdittivi antimafia emessi dalla Prefettura di Trapani nei confronti di società che operano nei settori più sensibili e redditizi dell’economia locale.

    Le interdittive colpiscono imprese attive nel comparto agricolo: coltivazione di vite, frutti oleosi e cereali, del movimento terra, edilizia, autotrasporti, lavorazioni agroalimentari, commercio all’ingrosso di ortofrutta e perfino agenzie funebri. Settori apparentemente ordinari che, secondo l’analisi della DIA, si sono rivelati terreno fertile per infiltrazioni mafiose e strategie di mimetizzazione criminale.

    Quattro gli storici mandamenti di Cosa nostra trapanese – Castelvetrano, Trapani, Mazara del Vallo e Alcamo. Insieme avrebbero messo in campo una rete articolata per condizionare il mercato, pilotare appalti, e occultare capitali di provenienza illecita.

    Secondo i dati forniti dalla Dia, la maggior concentrazione di attività mafiose sarebbe concentrata nella zona sud della provincia, tra Mazara e Castelvetrano, aree che – evidenzia la relazione – costituivano l’ambito operativo privilegiato di Matteo Messina Denaro, morto nel 2023, ma il cui potere criminale continua a produrre effetti attraverso la cosiddetta gestione “dinastica” degli affari mafiosi.

    La DIA sottolinea inoltre che numerosi soggetti colpiti da interdittiva erano già stati destinatari in passato di analoghi provvedimenti o erano legati a persone condannate per reati di mafia o sottoposte a misure di prevenzione. In molti casi, le società erano state riorganizzate formalmente per aggirare i controlli, mentre gli interessi delle consorterie venivano protetti attraverso intestazioni fittizie e operazioni collusive con imprenditori e funzionari compiacenti.

    Le maggiori operazioni antimafia nel territorio trapanese

    Tante le operazioni effettuate nel 2024 nel territorio trapanese che vanno dalla repressione del traffico di stupefacenti e delle estorsioni al contrasto della mafia imprenditoriale. Tra queste: l’operazione “Olegna” contro gli intrecci tra mafia, politica e affari; “Scialandro” che ha colpito le famiglie di Custonaci, Valderice e Trapani; e il maxi sequestro di aziende agroalimentari coinvolte in frodi fiscali e riciclaggio.

    Infine, un intero capitolo è dedicato agli atti intimidatori e agli episodi violenti avvenuti nel 2024, tra cui attentati incendiari, danneggiamenti ad aziende e strutture pubbliche, e una fitta attività investigativa contro gruppi criminali stranieri attivi nel favoreggiamento dell‘immigrazione clandestina.

    L’allarme lanciato dalla DIA è chiaro: la criminalità organizzata a Trapani non solo non arretra, ma si trasforma e si adatta, sfruttando le debolezze del sistema economico e amministrativo per continuare a generare profitto e consenso sociale. Un fenomeno che, pur agendo spesso sottotraccia, influisce sul rispetto della legalità e sullo sviluppo del territorio e chiede una reazione coordinata e determinata da parte delle Istituzioni e della società civile.

    Palermo: otto mandamenti, una struttura ancora verticale

    Il quadro tracciato è chiaro: nonostante decenni di azioni repressive condotte da magistratura e forze dell’ordine, le articolazioni territoriali di Cosa nostra sono pienamente operative. A Palermo città, i mandamenti restano otto, a cui si aggiungono sette nel resto della provincia. La struttura mafiosa continua a funzionare con vertici ben identificati, famiglie e gerarchie interne, anche se si registrano tentativi – finora incompleti – di ricostituire un organismo direttivo unitario sul modello della tradizionale commissione.

    Un’organizzazione adattiva: meno violenza, più dialogo

    Secondo la DIA, la mafia palermitana ha sviluppato strategie adattive alla pressione giudiziaria: predilige un coordinamento orizzontale tra i mandamenti, che consente una gestione condivisa delle attività criminali e una composizione non violenta delle controversie interne, sempre più frequente nelle ultime operazioni di polizia giudiziaria. La violenza viene mantenuta come estrema ratio, ma la sua minaccia resta uno strumento fondamentale per esercitare potere sul territorio. Oltre al controllo sociale e al traffico illecito, Cosa nostra guarda sempre più all’infiltrazione nel mondo dell’impresa. L’interesse è duplice: da un lato, ripulire i proventi criminali; dall’altro, acquisire influenza nei settori produttivi, approfittando anche delle difficoltà di alcune aziende locali. Un fenomeno già noto, ma che il report della DIA sottolinea come in crescita e da monitorare con la massima attenzione.

    La Stidda e Agrigento

    La stidda si caratterizza per una struttura orizzontale, composta da gruppi autonomi storicamente nati in contrapposizione a cosa nostra, ma che attualmente hanno attuato con quest’ultima intese di condivisione e spartizione degli affari illeciti. In Sicilia orientale, e in particolare nella città di Catania, la pluralità delle consorterie – che comprende articolazioni di cosa nostra nonché altre formazioni mafiose distinte ma affini a quest’ultima per natura – ha generato una coabitazione criminale in cui la resilienza e la flui- dità strutturale rappresentano i tratti distintivi di cosa nostra catanese. Quest’ultima, diversamente dalla rigida organizzazione palermita- na, si caratterizza per un marcato dinamismo affaristico alternando con le altre organizzazioni di tipo mafioso periodi di pacifica convi- venza, ovvero di non belligeranza, a momenti di frizione che talvolta degenerano in momenti di fibrillazione tra clan.

    Sicilia orientale

    Anche a Catania, le innumerevoli azioni investigative e le condanne comminate hanno costretto, nel tempo, le diverse organizzazioni mafiose ad un ricorrente ricambio nelle posizioni apicali sebbene tutte siano comunque sempre riuscite a mantenere perlopiù inalterata la loro operatività. Considerate le complesse relazioni tra le famiglie di cosa nostra e gli altri clan presenti nella Sicilia orientale, gli attuali equilibri si configurano, infatti, come assetti a “geometria variabile”, in ragione della fluidità delle leadership criminali e dei business illeciti oggetto di contesa, ele- menti che generano alleanze e tregue tra i diversi clan. Nei territori di Siracusa e Ragusa si evidenziano, inoltre, le influenze della cosa no- stra catanese e, in misura minore, della stidda gelese, mentre a Messina le consorterie presentano un modus operandi che, da un lato, si ri- fanno all’ortodossia di cosa nostra palermitana e, dall’altro, risente dell’influenza dei gruppi criminali etnei.

    Cosa nostra manifesta una presenza capillare su tutta l’isola, con proiezioni che, già nei decenni passati, si sono estese all’estero.

    Interforze e ruolo delle Prefetture

    La relazione documenta anche l’impegno della DIA nei Gruppi Interforze antimafia attivi presso ogni Prefettura (istituiti con il D.M. del 21 marzo 2017) e il supporto alle autorità prefettizie nell’applicazione delle misure amministrative antimafia previste dal Codice Antimafia. Un’attività parallela e preventiva, volta a bloccare sul nascere le possibili infiltrazioni nei contratti pubblici, nelle concessioni e nei finanziamenti.

    Il messaggio

    Il messaggio della DIA è chiaro: le mafie non arretrano, cambiano pelle. Cosa nostra, in particolare, resta una presenza organizzata, silenziosa ma efficace, capace di riprodurre potere e consenso anche in contesti mutati. La lotta non è finita. E continua su più fronti: investigativo, economico e culturale.

     

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