Custonaci. Carabinieri e Dia arrestano il capomafia, Giuseppe Costa
E' l'uomo che offrì a cosa nostra un luogo sicuro dove tenere sequestrato il piccolo Giuseppe Di Matteo
Con l'accusa di associazione mafiosa, nella notte i Carabinieri del Reparto Operativo Provinciale e gli investigatori della DIA di Trapani hanno arrestato Giuseppe Costa, 57 anni, di Custonaci.
L'ordinanza è stata firmata dal gip del Tribunale di Palermo, giudice Morosini su richiesta dei pm della Procura distrettuale De Leo e Ferrara.
Costa è stato indicato come uno dei principali soggetti del trapanese in grado di mobilitare consenso e sostegno verso Cosa nostra ma il suo nome è legato anche alla storia della mafia più cruenta.
Costa fu infatti uno dei protagonisti del brutale sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino Di Matteo.
Per questo sequestro fu condannato anche Giuseppe Costa, rimasto in carcere tra il gennaio 1997 e il marzo 2017.
Carabinieri e Dia, dal 2017 e fino a pochi giorni hanno continuato ad osservare ogni suo movimento ed hanno accertato che Giuseppe Costa tornato libero era diventato capo della famiglia mafiosa di Custonaci, sopratutto dopo aver sposato la nipote del killer Vito Mazzara.
Nel corso del suo matrimonio, nel novembre 2017, è stato intercettato discutere con Franco Virga (uno dei figli del boss mafioso Vincenzo Virga, in carcere) di affari della cosca.
Presente a summit di mafia, Costa è stato intercettato mentre si occupava del controllo di aziende, in modo particolare di quelle per la produzione del cemento, di società per la vendita di carburanti agricoli, di campagne elettorali e compravendite di voti.
I fatti contestati a Giuseppe Costa risalgono fino a poche settimane addietro, è stato intercerttato mentre discuteva di controversie da risolvere impugnando armi o "buttando un poco di taniche di nafta" per colpire un'azienda che non si sarebbe voluta abbassare ai suoi voleri. Intercettati anche dialoghi con la moglie dell'ergastolano Vito Mazzara, ben consapevole quest'ultima delle dinamiche mafiose del marito e del nipote.
Il nome di Costa e l'operazione Scrigno
Il nome di Costa era emerso già nell'indagine denominata "Scrigno" e che portò i Carabinieri ad arrestare mafiosi del calibro di Franco e Pietro Virga, di Franco Orlando e altri soggetti indagati per mafia.
Costa fu uno dei referenti per l'imprenditore Ninni D'Aguanno, all'epoca in cui, nel 2017, questo aveva la moglie candidata alle regionali. D'Aguanno è stato condannato poche settimane addietro. A Custonaci la scorsa estate l'amministrazione comunale, tirando fuori dai cassetti una vecchia proposta, ha intitolato una piazza in periferia al piccolo Di Matteo, nel corso della cerimonia però si sono dimenticati di ricordare che Giuseppe Di Matteo fu tenuto sequestrato a qualche chilometro da quel luogo a Purgatorio.
Il coinvolgimento di Costa nel sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo
Giuseppe aveva 13 anni quando fu rapito da Cosa nostra nel novembre del 1993 per indurre il padre a ritrattare le accuse e le rivelazioni che stava facendo su Riina e sulle stragi del 1992. I mafiosi pelevarono Giuseppe in un maneggio di Piana degli Albanesi, presentandosi come agenti della Dia, dicendogli che l'avrebbero portato dal padre. Il piccolo fu tenuto sequestrato sino all'11 gennaio del 1996, quando fu ucciso e il suo corpo, oramai provato da una lunga detenzione, era stato tenuto anche attaccato al muro come un animale, fu sciolto nell'acido.
Era stato Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, a chiedere al capo mafia di Trapani, Vincenzo Virga, di trovare un luogo sicuro dove tenere prigioniero Giuseppe Di Matteo. Per un periodo di tempo il piccolo Giuseppe fu nascosto in una casa di Costa, nella frazione di Purgatorio, territorio di Custonaci.
A indicare la disponibilità di Costa fu Vito Mazzara, killer di Cosa nostra trapanese, all'ergastolo per avere ucciso il 23 dicembre 1995 l'agente penitenziario Giuseppe Montalto, e di recente assolto dall'omicidio del giornalista Mauro Rostagno.
Costa fece realizzare una vera e propria cella nella sua casa.
I pentiti che hanno raccontato del sequestro di Giuseppe Di Matteo hanno indicato Costa presente all'arrivo del ragazzino nella sua casa, arrivò rinchiuso nel bagaglio di un'auto e incappucciato, e che nei mesi successivi ogni giorno Costa si occupava di fare da vivandiere ai mafiosi che facevano da custodi del sequestrato. Durante la sua detenzione in carcere Costa ha ricevuto il sostentamento dei mafiosi, una volta tornato libero è stato accolto come una sorta di figliol prodigo, si era fatto il carcere senza mai parlare, uomo d'onore promosso sul campo. Lui ha ricambiato mostrando "affectio societatis". Tornato libero non ha avuto difficoltà a reinserirsi nel tessuto sociale di Custonaci.
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