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Conclusi i funerali di padre Di Stefano. Il saluto del vicario generale Palmeri

01 Marzo 2013 11:22, di Redazione
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Foto S. Fazio Si sono appena conclusi, nella chiesa SS. Crocifisso di Calatafimi, i funerali di don Michele Di Stefano, il sacerdote assassinato nel...

[caption id="attachment_31421" align="alignleft" width="300"] Foto S. Fazio[/caption] Si sono appena conclusi, nella chiesa SS. Crocifisso di Calatafimi, i funerali di don Michele Di Stefano, il sacerdote assassinato nella notte tra domenica e lunedì scorsi nella canonica della chiesa di borgo Livio Bassi a Ummari. La cerimonia è stata presieduta dal vescovo Alessandro Plotti. Il saluto finale alle spoglie del sacerdote è stato affidato al vicario generale della diocesi di Trapani monsignor Liborio Palmeri. "Il sangue dei cristiani è seme - ha detto Palmeri - che porta frutto. Così, nella morte, don Di Stefano partecipa della sofferenza di Cristo ma anche della sua gloria". Forti le parole riservate a quanti, in queste ore, hanno provato ad infangare la memoria e l'operato del sacerdote collegando la sua morte alla vicenda giudiziaria che ha investito lo scorso anno la Curia trapanese: "Vorremmo che si fermasse chi gioca a fare ipotesi che niente hanno a che vedere con la trasparenza del tuo operato - ha ribadito il vicario - che nessuno si permettesse di aprire "filoni di indagine" presenti sono nella loro testa e nella loro maldicenza". Non sono mancati i ringraziamenti alle forze dell'ordine e ai magistrati che si stanno occupando delle indagini per risalire all'autore di questo brutale omicidio.  "Da loro speriamo di ricevere presto una notizia: che chi ti ha ucciso è stato scoperto e affidato alle mani della giustizia umana - ha concluso monsignor Palmeri - E a chi, in modo così barbaro e incosciente, ti ha ucciso, mandiamo l'unica invettiva possibile ad un cristiano: che sia divorato dal rimorso, che conosca il dolore immenso e salutare del pentimento". Di seguito il testo integrale dell'intervento. "Caro padre Michele, voglio esprimere a nome del nostro presbiterio il saluto che ti si deve dopo una vita spesa a servizio del Vangelo, nella Chiesa, tua e nostra madre. Infatti, caro confratello, a te, più anziano di me certo per età, ma forse più giovane di me per temperamento ed energia, a te è toccato diventare segno martiriale della nostra affaticata Chiesa di Trapani. Quel colpo che hai ricevuto oltraggiosamente e vigliaccamente nel sonno, tu inerme, tu anziano, tu onesto, ha raggiunto tutti noi. In te siamo stati colpiti tutti, è stata colpita ancora una volta la nostra Chiesa, un po' di morte ha raggiunto anche noi, come il fiele sulla bocca di Cristo in croce, e lo ammetto, per un momento sulle labbra ci siamo ritrovati le parole del salmista e abbiamo detto: "Forse Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi? E' forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre?" In questi anni troppo ha sofferto il corpo della nostra Chiesa, e quest'ultima bastonata ci è apparsa insopportabile. Ma sentendo quelle parole di sfiducia tu ci avresti rimproverati, dolcemente però, con quel sorrisetto ironico che ti mettevi ogni tanto. Eri ottimista, sempre. E ci avresti detto: "Semen est sanguis christianorum". E' un seme il sangue dei cristiani. Dunque è un seme il tuo sangue versato, padre Michele. E' il seme del sangue innocente, il seme di ogni vittima dell'insensata violenza, caduto in terra, muore per portare frutto, partecipa infatti delle sofferenze e della morte di Cristo, per partecipare anche della sua gloria. Pertanto, così com'è certamente della tua anima, sia anche della nostra Chiesa. Ricordalo ora al Signore, imploralo per questa Chiesa, se sei già davanti al suo cospetto. Dunque abbiamo fiducia: chi ha ucciso il tuo corpo, non ha ucciso la tua anima. Compito nostro è invece difendere la terza vita che ti rimane, caro confratello nostro, quella sociale, il buon nome, la fama di un ministero esercitato con bontà e generosità, a servizio di tutti, soprattutto i poveri e i bisognosi. Come in questi giorni in tanti hanno testimoniato, giovani, anziani, uomini, donne, anche sui mezzi di informazione. Vorremmo, pertanto, che si fermasse chi gioca a fare ipotesi che niente hanno a che vedere con la trasparenza del tuo operato, che nessuno si permettesse di aprire "filoni di indagine" presenti sono nella loro testa e nella loro maldicenza. Ringrazio invece per quanta sensibilità, delicatezza, rispetto hanno mostrato i carabinieri, in particolare il comandante provinciale colonnello Fernando Nazzaro e tutte le forze dell'ordine intervenute, per la prontezza d'azione dei magistrati, il procuratore Marcello Viola e il sostituto Massimo Palmeri. Da loro speriamo di ricevere presto una notizia: che chi ti ha ucciso è stato scoperto e affidato alle mani della giustizia umana. E a chi, in modo così barbaro e incosciente, ti ha ucciso, mandiamo l'unica invettiva possibile ad un cristiano: che sia divorato dal rimorso, che conosca il dolore immenso e salutare del pentimento. Un'ultima cosa, padre Michele. Non correre più, ora. Lo sappiamo, diciamolo a voce bassa, quanto ti piaceva. Sarai entrato in cielo sicuramente oltre i limiti di velocità. Ora hai finito la tua corsa, hai raggiunto la tua meta, goditi il riposo del Signore, che tanto hai amato, tanto testimoniato. E non alzare troppo la voce quando canti, anche questo, lo sappiamo, ti piaceva molto, a meno che tu non decida ogni tanto di farti sentire fino qua da tutti quelli che ti hanno amato". Ieri, dalla sua pagina personale su Facebook anche l'ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè era intervenuto sulle ipotesi avanzate da alcuni organi di stampa sui moventi dell'omicidio: "Non è lecito passare il tempo a disquisire su ciò che accade intorno a noi, sulla base dei nostri gusti o delle nostre aspirazioni - scrive Miccichè - Davanti ad eventi tragici, come quello che si è verificato ad Ummari, l'atteggiamento migliore da tenere è il silenzio e la preghiera, lasciando a chi di dovere il compito d'indagare".

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