Caccia a Matteo Messina Denaro, i Ros eseguono 35 arresti
Le città sotto scacco Campobello di Mazara, Mazara e Marsala
In corso una vasta operazione, nell’ambito delle indagini per la cattura del latitante Matteo Messina Denaro da parte dei carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Trapani, insieme con i carabinieri di Palermo e Catania, del 9 Nucleo Elicotteri Carabinieri di Palermo, degli Squadroni «Cacciatori Sicilia» e «Cacciatori Calabria», e del 12 Reggimento carabinieri «Sicilia».
Le indagini hanno fatto individuare la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già coinvolto nei rapporti con cosa nostra di Palermo, avrebbe assunto un ruolo centrale per mantenere i collegamenti con famiglie di altre province.
Un’autorevolezza conquistata grazie alla vicinanza al superlatitante, che secondo alcuni indagati avrebbe gestito le nomine dei capizona. In particolare l’indagato avrebbe designato il reggente della decina di Petrosino e sarebbe intervenuto nella nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante dopo l’operazione «Anno Zero».
Eseguiti provvedimenti cautelari emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nei confronti di circa 70 persone, 35 delle quali gravemente indiziate e finite agli arresti, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Perquisizioni e sequestri sono ancora in corso.
L’indagine s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro e che, oramai da circa 30 anni si sottrae volontariamente all’esecuzione di decine di misure cautelari, e ruota attorno ad alcuni esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, legati a Messina Denaro, che secondo gli inquirenti sarebbe ancora in grado di impartire direttive per la riorganizzazione degli assetti nella zona.
Svelata nella ricostruzione delle gerarchia, la trama dei rapporti tra mafia e imprese,trovate tracce di condizionamenti nelle gare d’appalto e nella gestione, in forma pressochè monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti.
L’organizzazione riusciva a controllare anche le aste giudiziarie per la vendita di immobili nel settore enogastronomico e turistico.
Sono state acquisiti gravi indizi con riferimento a:
- dinamiche associative ultra-provinciali, in direzione di cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”;
- le attività di infiltrazione di cosa nostra trapanese nel tessuto economico/sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma pressochè monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti;
- interventi finalizzati ad alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria;
- presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive);
- la disponibilitĂ di armi da fuoco.
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