Italia
Bombe del 1993, il ricordo non basta
In Commissione nazionale antimafia giovedì verrà sentito Gian Carlo Caselli, già Procuratore di Palermo dal 1993 al 1999
Redazione28 Luglio 2025 - Cronaca
  • Cronaca

    Roma – La settimana che sta iniziando lascerà un segno profondo sul terreno dello scontro che si consuma in Commissione Antimafia tra la verità storica ed il revisionismo strumentale voluto dalla destra: giovedì infatti verrà sentito Gian Carlo Caselli, già Procuratore di Palermo dal 1993 al 1999.

    Questa settimana comincia nel ricordo della notte da incubo che fu quella tra il 27 ed il 28 Luglio 1993, con le bombe che quasi contemporaneamente esplosero tra Milano e Roma facendo morti e feriti.

    La retorica depistante della destra che esibisce commozione per nascondere ogni elemento di inquietante verità ovviamente non ha perso l’occasione nemmeno questa volta e così leggiamo contriti le nuove parole ispirate della presidente Colosimo sui suoi profili social:“… Oggi a distanza di trent’anni non dimentichiamo le vittime innocenti di quella stagione di violenza mafiosa. Ne onoriamo la memoria rinnovando il nostro impegno…” e bla, bla, bla.

    Opporsi a questo vergognoso tentativo di riscrittura della storia passa anche da un particolare agghiacciante di quella notte, uno di quei particolari che da solo basta a segnalare che Riina, Brusca e Graviano (del quale dovremo occuparci ancora) non possono aver fatto tutto da soli e che nemmeno possono essere stati aiutati semplicemente da qualche “vipera” annidata nel Tribunale di Palermo. Alludo al black out delle linee telefoniche di Palazzo Chigi: il Governo quella notte restò isolato dal resto del Paese, tanto che l’allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, ritenne che fosse in corso un colpo di Stato.

    C’è una intervista del 2010, concessa da Ciampi a Giannini per La Repubblica, che serve ad illuminare quanto accadde, ne riprendo per questo alcuni passaggi: “Non c’è democrazia senza verità. Questo è il tempo della verità. Chi c’è dietro le stragi del ’92 e ’93? Chi c’è dietro le bombe contro il mio governo di allora? Il Paese ha il diritto di saperlo, per evitare che quella stagione si ripeta…”

    “Tuttora noi non sappiamo nulla di quei tragici attentati. Chi armò la mano degli attentatori? Fu solo la mafia, o dietro Cosa Nostra si mossero anche pezzi deviati dell’apparato statale, anzi dell’anti-Stato annidato dentro e contro lo Stato, come dice Veltroni? E perché, soprattutto, partì questo attacco allo Stato? Tuttora io stesso non so capire… “.

    “Il mio governo fu contrassegnato dalle bombe. Ricordo come fosse adesso quel 27 luglio, avevo appena terminato una giornata durissima che si era conclusa positivamente con lo sblocco della vertenza degli autotrasportatori. Ero tutto contento, e me ne andavo a Santa Severa per qualche ora di riposo. Arrivai a tarda sera, e a mezzanotte mi informarono della bomba a Milano. Chiamai subito Palazzo Chigi, per parlare con Andrea Manzella che era il mio segretario generale. Mentre parlavamo al telefono, udimmo un boato fortissimo, in diretta: era l’esplosione della bomba di San Giorgio al Velabro. Andrea mi disse “Carlo, non capisco cosa sta succedendo…”, ma non fece in tempo a finire, perché cadde la linea. Io richiamai subito, ma non ci fu verso: le comunicazioni erano misteriosamente interrotte. Non esito a dirlo, oggi: ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato. Lo pensai allora, e mi creda, lo penso ancora oggi… “.

    “Arrivai a Palazzo Chigi all’una e un quarto di notte, convocai un Consiglio supremo di difesa alle 3, perché ero convinto che lo Stato dovesse dare subito una risposta forte, immediata, visibile. Alle 4 parlai con Scalfaro al Quirinale, e gli dissi “presidente, dobbiamo reagire”. Alle 8 del mattino riunii il Consiglio dei ministri, e subito dopo partii per Milano. Il golpe non ci fu, grazie a dio. Ma certo, su quella notte, sui giorni che la precedettero e la seguirono, resta un velo di mistero che è giunto il momento di squarciare, una volta per tutte”. La certezza che esponeva ieri Veltroni – commenta Giannini nel pezzo di 15 anni fa – è la stessa che ripete Ciampi: non furono solo stragi di mafia, ed anzi, sulla base delle inchieste si dovrebbe smettere di definirle così. Furono stragi di un “anti-Stato”, ancora tutto da scoprire. E come Veltroni anche Ciampi aggiunge un dubbio: perché a un certo punto, poco dopo la nascita del suo governo, le stragi cominciano? E perché, a un certo punto, dopo gli eccidi di Falcone e Borsellino, le stragi finiscono? Perché la mafia comincia a mettere le bombe? Perché la mafia smette di mettere le bombe?

    La presidente Colosimo sa di non poter rispondere a queste domande, ecco perché non le ascolterà e non darà loro accesso in Commissione. Sarà compito nostro vigilare e “non lasciare dormire la polvere”.
    Intanto per Giovedì sarà il caso di far sentire a Gian Carlo Caselli che il peso che porta ce lo carichiamo anche sulle nostre gambe. *fonte Articolo 21.org

    "® Riproduzione Riservata" - E’ vietata la copia anche parziale senza autorizzazione




  • Altre Notizie
  • Altre Notizie Italia