Le posizioni di vertice dei mandamenti mafiosi di Trapani ed Alcamo "risultano stabilmente detenute da noti esponenti delle storiche famiglie mafiose con un sistema di successione quasi dinastico e quella di Castelvetrano continua a fare riferimento al latitante Matteo Messina Denaro".
E’ quanto sottolinea la Direzione Investigativa Antimafia nella Relazione relativa al primo semestre 2019. Nella provincia, la figura di Messina Denaro, "a capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante provinciale di Trapani, costituisce ancora il principale punto di riferimento per le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, nonostante la lunga latitanza. Benché il boss continui a beneficiare di un diffuso sentimento di fedeltà da parte di molti membri dell’organizzazione mafiosa trapanese, non mancano -rileva la Dia- segnali di insofferenza da parte di alcuni affiliati per una gestione di comando difficoltosa per via della latitanza che tende a riverberarsi negativamente tralasciando le questioni importanti per gli affari dell’organizzazione".
I quattro storici mandamenti di Trapani, Alcamo, Castelvetrano e Mazara del Vallo, composti da 17 famiglie mafiose, si distinguono per la notevole forza intimidatrice. Le posizioni di vertice dei mandamenti mafiosi di Trapani ed Alcamo risultano stabilmente detenute da noti esponenti delle storiche famiglie mafiose con un sistema di successione quasi “dinastico” e quella di Castelvetrano continua a fare riferimento al latitante Matteo MESSINA DENARO. Più dinamica appare la situazione del mandamento di Mazara del Vallo, la cui valenza negli equilibri di Cosa nostra è tradizionalmente rilevante avendo rappresentato nel passato una delle articolazioni mafiose più importanti per l’affermazione della leadership corleonese. A Mazara, infatti, la questione della reggenza sta attraversando una fase di transizione, non priva di tensioni, a seguito degli arresti avvenuti a conclusione delle operazioni Anno Zero ed Eris, che lo scorso anno avevano colpito i vertici del mandamento. A queste attività si aggiunge l’operazione Scrigno, conclusa a marzo 2019, che ha documentato l’esistenza e l’operatività sull’isola di Favignana di un’articolazione di Cosa nostra gerarchicamente dipendente dalla famiglia mafiosa di Trapani, il cui capo veniva messo a conoscenza di ogni controversia, per la conseguente composizione o risoluzione. Si rammenta, poi, come una delle cinque storiche famiglie mafiose operanti a New York sia originaria di un paese della provincia, Castellammare del Golfo. Pur in assenza di evidenze di specifici collegamenti in atto, le attività investigative nella vicina Palermo, hanno fatto emergere rinnovati contatti tra Cosa nostra e le similari organizzazioni statunitensi. Nella provincia, la figura di Matteo MESSINA DENARO, a capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante provinciale di Trapani, costituisce ancora il principale punto di riferimento per le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, nonostante la lunga latitanza. Benchè il boss continui a beneficiare di un diffuso sentimento di fedeltà da parte di molti membri dell’organizzazione mafiosa trapanese, non mancano segnali di insofferenza da parte di alcuni affiliati per una gestione di comando difficoltosa per via della latitanza che tende a riverberarsi negativamente tralasciando le questioni importanti per gli affari dell’organizzazione. Anche nel trapanese, Cosa nostra risente della crisi di liquidità e della difficoltà di comunicazione interna tra affiliati.
Basti pensare al valore - miliardario - dei patrimoni sequestrati e confiscati nel corso degli anni ai soggetti in rapporti con MESSINA DENARO ed operanti nei più svariati settori imprenditoriali: dall’edilizia alle energie rinnovabili, dalla grande distribuzione alimentare al comparto turistico-alberghiero e agli investimenti immobiliari (anche attraverso le aste giudiziarie), dal settore d’investimento nelle opere d’arte a quello dei giochi e delle scommesse on line. Capitali illeciti che mostrano la capacità di penetrazione economica e l’affarismo di cui il boss è stato capace nel tempo. Nonostante le menzionate criticità, a Trapani Cosa nostra continua ad essere vitale, esercitando un capillare controllo del territorio. Si continuano a registrare pressioni estorsive, accompagnate da danneggiamenti e atti intimidatori di vario genere, in danno delle attività commerciali. In generale, la mafia trapanese si è sempre distinta per una forte propensione affaristica e per la capacità di infiltrarsi in numerosi settori d’impresa. Le attività d’indagine documentano che le consorterie di questi territori, oltre ai settori economici tradizionali, si rivolgono al settore della raccolta delle scommesse e dei giochi on line. Attraverso la gestione dei centri scommesse, le consorterie mafiose accrescono la propria capacità di penetrazione e controllo di altre attività nel territorio, in una sorta di circolo vizioso, cogliendo non solo opportunità di riciclaggio, ma anche la possibilità di dare lavoro a persone organiche a Cosa nostra. In tal senso, nel semestre in esame, si segnala l’operazione “MafiaBet” con la quale, a febbraio 2019, sono stati arrestati per i reati di associazione mafiosa, estorsione e corruzione elettorale, un imprenditore del settore, un socio in affari e un soggetto incaricato di gestire una sala scommesse a Castelvetrano, tutti in rapporti con i referenti della famiglia locale. La descritta indagine, inoltre, conferma la costante infiltrazione negli apparati della pubblica amministrazione. Il citato imprenditore in passato aveva ricoperto un incarico presso un ente pubblico della provincia, era stato accusato di aver finanziato la famiglia MESSINA DENARO e di aver sostenuto l’elezione di un deputato regionale, a sua volta indagato per corruzione elettorale.
Un imprenditore pregiudicato di Alcamo – noto come il “re dell’eolico”, ritenuto uomo vicino all’entourage del latitante MESSINA DENARO, 94 RELAZIONE SEMESTRALE AL PARLAMENTO 1° semestre 2019 alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti alternative e accusati di associazione mafiosa, corruzione, autoriciclaggio ed intestazione fittizia di beni. Nel corso dell’operazione sono state sottoposte a sequestro preventivo 8 società (di cui 5 a Roma, 2 ad Alcamo ed 1 a Milano) per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Indicativi anche gli esiti dell’operazione “Scrigno”, conclusa il 5 marzo, che hanno documentato come un ex politico regionale fosse uomo di riferimento delle famiglie mafiose della provincia. Peraltro, nell’ambito della stessa inchiesta, è stato coinvolto un soggetto, già amministratore locale di Trapani, ritenuto responsabile di voto di scambio politico mafioso. Il provvedimento cautelare ha riguardato anche un terzo politico di Erice, ritenuto componente della famiglia mafiosa trapanese. L’indagine ha, inoltre, documentato che un imprenditore, trapiantato sull’isola di Favignana, fosse disponibile ad assecondare le esigenze dell’organizzazione mafiosa. In particolare l’imprenditore, anche avvalendosi di criminali rumeni, forniva ogni genere di assistenza agli associati del mandamento di Trapani ed assicurava riservatezza agli incontri organizzati sull’isola. Un’infiltrazione nell’economia è confermata anche dai numerosi provvedimenti di sequestro e confisca. L’11 marzo 2019, la DIA ha dato esecuzione al decreto di sequestro, di circa 1,5 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore originario del Trentino. Quest’ultimo, operante nel campo delle energie rinnovabili, aveva partecipato ad un progetto legato allo sviluppo di impianti per la produzione di energia eolica con l’intento di finanziare l’organizzazione mafiosa. Il successivo 3 aprile 2019, la DIA ha proceduto alla confisca di un patrimonio, del valore di circa 45 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore che gestiva una rinomata struttura alberghiera. Inoltre, su proposta di applicazione di misura di prevenzione avanzata dalla DIA, sono stati eseguiti sequestri di beni, per un valore di circa centomila euro, a carico degli eredi di un noto imprenditore del settore turistico-alberghiero di Castelvetrano, contiguo alle locali articolazioni mafiose. già Sorvegliato speciale di p.s. e imputato in altro procedimento penale per concorso in associazione mafiosa – e suo figlio, nonché un imprenditore di origine ligure e suo figlio. Decreto di sequestro n. 41/18 RMP in data 28 gennaio 2019 emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Penale e Misure di Prevenzione. 241 Decreto di confisca n. 63/19 disposto dalla la Corte d’Appello di Palermo-Sez. V Penale e Misure di Prevenzione in data 18.04.2018 con il quale sono stati sottoposti a confisca, in tutto o in parte, i compendi aziendali ed il relativo capitale sociale di cinque società, nonché 159 unità immobiliari, tra terreni e fabbricati sia ad uso abitativo che ricettivo, partecipazioni societarie, beni mobili registrati e disponibilità finanziarie. 242 Inoltre, il 14 gennaio 2019, a seguito di rogatoria internazionale, le autorità francesi hanno notificato il sequestro (Decreto 52/17 RGMP del 2.3.2018 – Tribunale di Trapani) di una disponibilità finanziaria riconducibile ad un commerciante castelvetranese organico alla consorteria mafiosa locale: il prevenuto aveva curato, per conto della stessa, un trentennale commercio all’estero di reperti archeologici illecitamente trafugati, consentendo al consesso criminale di reimpiegarne i proventi in attività d’impresa. Il provvedimento integra i sequestri operati nel novembre 2017 e nel giugno 2018 che avevano colpito, rispettivamente, il patrimonio immobiliare e aziendale del predetto, valutato in dieci milioni di Euro, nonché un marchio di fabbrica (brand), del valore stimato in centomila euro
In 668 pagine, gli analisti tracciano un quadro allarmante della capacità delle cosche di penetrare nel tessuto economico e sociale del Paese, da Nord a Sud, con interessi in tutti i settori, compreso quello dei rifiuti, e in ogni angolo del territorio. Da Nord a Sud, le cosche mantengono intatto il loro potere. La 'ndrangheta ormai "è ovunque" e viene emulata dai clan che stanno incendiando Foggia. Il superlatitante di Cosa nostra siciliana Matteo Messina Denaro resta un punto di riferimento soprattutto nella sua Trapani, nonostante i "segnali di insofferenza" di alcuni affiliati, mentre la mafia palerminata ha insensificato i suoi rapporti con gli Stati Uniti.