Tracce di DNA appartenente in maniera univoca a Lorenz Renda sono presenti sul tappo, sull'esterno e all'interno del collo e sul corpo del flaconcino in vetro di Laroxyl, il farmaco antidepressivo che ha ucciso il piccolo, che all'epoca aveva 5 anni, nel luglio del 2014. Lo hanno affermato, nel corso dell'udienza del processo contro Aminta Altamirano Guerrero, madre del bambino, svoltasi stamane davanti alla Corte d'Assise di Trapani, i due periti nominati dal presidente Pellino e dal giudice a latere Corso. La dottoressa Elena Carra, professore aggregato di Biotecnologie cellulari applicate del Dipartimento di Scienze e Tecnologie molecolari e biomolecolari dellUniversità di Palermo, e il dottore Nicolò Pulizzi, direttore del Laboratorio di analisi investigative della Polizia di Palermo, erano chiamati a rispondere ad una serie di quesiti, riguardanti la presenza di DNA dell'imputata e del piccolo Lorenz su alcuni oggetti sequestrati all'interno dell'abitazione di via Amendola, ad Alcamo, dove il bambino venne trovato morto la mattina del 14 luglio 2014: due cucchiai di metallo, un bicchiere di vetro, un bicchiere di plastica e, appunto, il flacone vuoto di antidepressivo trovato dagli investigatori nella pattumiera dell'abitazione. La messicana Aminta Altamirano Guerrero, dopo la burrascosa separazione dal compagno Enzo Renda, era rimasta ad Alcamo insieme al figlioletto conducendo un'esistenza difficile per la mancanza di adeguate risorse economiche e subendo anche il rifiuto da parte della famiglia del pizzaiolo che, nel frattempo, si era trasferito a lavorare in Germania. I sofisticati accertamenti compiuti dai due periti nominati dalla Corte hanno mostrato come su tutti gli oggetti in questione, in percentuali variabili ma, comunque, quantificabili e attribuibili con sicurezza, sia stato possibile riscontrare il DNA tanto di Aminta Altamirano Guerrero che del figlioletto. E se questo risultato può essere scontato nel caso dei due cucchiai e dei due bicchieri, dato che madre e figlio vivevano insieme, assume una valenza diversa e più importante l'aver trovato tracce del DNA di Lorenz Renda non solo sul tappo di plastica e sulla parte esterna della boccetta in vetro del Laroxyl ma anche sull'esterno e all'interno del collo del flacone. La circostanza, infatti, sembra confermare la tesi della madre e dei suoi difensori e cioè che il bambino fosse in grado, nonostante la tenera età, di aprire autonomamente il contenitore e assumerne il contenuto rivelatosi fatale. Aminta Altamirano Guerrero, infatti, ha sempre sostenuto di aver lasciato il flacone, dopo aver preso la dose di farmaco prescritta dal medico, su un mobile della cucina e di essere andata a coricarsi dopo aver verificato che il figlioletto già dormiva nel suo letto. L'indomani mattina, però, al suo risveglio, lo aveva trovato senza vita. Il processo proseguirà il prossimo 11 aprile, sempre con la presenza dei due periti a cui il pm Sgarrella, i difensori Lauria e Gruppuso e l'avvocato di parte civile Vitiello potranno porre eventuali domande dopo aver esaminato la corposa e dettagliata documentazione prodotta e depositata dai periti. Poi il processo dovrebbe avviarsi a conclusione con la requisitoria e gli interventi degli avvocati. Salvo imprevisti, la sorte di Aminta Altamirano Guerrero sarà decisa entro la fine del prossimo mese di maggio, a due anni dall'avvio del processo e a quasi tre dal suo arresto e detenzione in carcere in regime di custodia cautelare.
Processo morte Lorenz Renda, trovate tracce del suo DNA nel flacone "letale"
Tracce di DNA appartenente in maniera univoca a Lorenz Renda sono presenti sul tappo, sull'esterno e all'interno del collo e sul corpo del flaconcino ...
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