Cronaca

Operazione antimafia "Irene": Papania e Perricone rispondono al gip

Primi interrogatori per gli indagati

Laura Spanò

Palermo - Primi interrogatori per gli indagati dell’operazione «Irene» che ha portato in carcere dieci persone. L’ex senatore Nino Papania e l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, accusati di scambio elettorale politico mafioso, hanno risposto al gip. Il fondatore del movimento VIA, poi divenuto uno dei leader in Sicilia dell’MpA, ha risposto alle domande del PM provando a dimostrare di non conoscere affatto gli altri indagati che lo citano nelle intercettazioni. Insomma Papania, in quella campagna elettorale per le regionali del 2022, avrebbe avuto rapporti soltanto con Pasquale Perricone, chiedendo il suo aiuto in favore del candidato Angelo Rocca, poi non eletto e non indagato. Il legale di Papania ha già presentato istanza di revoca degli arresti al tribunale del Riesame.

Risposte dettagliate e chiarimenti sui fatti contestati anche da parte dell’ex vice-sindaco di Alcamo, Perricone. Non è escluso che anche il elgale di Perricone presenti istanza di revoca degli arresti al tribunale del Riesame.

Ha risposto all’interrogatorio di garanzia anche il 48enne alcamese Giuseppe Sciacchitano, accusato di far parte della famiglia mafiosa, di fungere da autista al boss Francesco Coppola e di avere consentito contatti e incontri a quest’ultimo con altri esponenti del clan. Durante i colloqui riservati sarebbe stato lui, secondo l’accusa, a custodire il telefono cellulare di Coppola.

Per motivi diversi Francesco Coppola, ritenuto il nuovo reggente della famiglia mafiosa di Alcamo, e Giosuè Di Gregorio, uno dei suoi più stretti collaboratori, hanno preferito non parlare e rinviare quindi ad altra data il confronto con gli inquirenti.

I reati contestati agli indagati, a vario titolo, complessivamente sono diciotto, dieci dei quali finiti in carcere, sono di associazione mafiosa, estorsione, spaccio di stupefacenti, traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e detenzione illegale di armi nei territori di Alcamo e Calatafimi.

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