Portare in scena un "mostro sacro" della poesia come Alda Merini, una delle più note e amate autrici italiane, con il suo fascino, le sue contraddizioni e la sua profondissima parola poetica, è certamente una sfida. Ma il personaggio è così "forte" che qualsiasi attore che voglia essere tale non può non accettarla. E' quello che ha fatto, con successo, Isabella Carloni ieri sera al teatro comunale di Custonaci, con il lavoro "I beati anni dell'innocenza". Scritta e diretta da Antonio Lo Vascio la piece è nata da un'intervista che Alda Merini ha concesso all'autore. Carloni ripercorre, sulla scena, in un monologo di alta intensità drammaturgica, la vita della poetessa, restituendo pienamente allo spettatore quella dicotomia che caratterizzava la personalità di Merini, capace di creare purissimi versi poetici e, poco dopo, con la stessa passione, di lamentarsi di comuni questioni quotidiane come il riscaldamento di casa non funzionante. "Alto e basso, materiale e spirituale, genio e normalità, apollineo e dionisiaco sono ugualmente presenti nell'opera della poetessa milanese e sono anche gli aspetti - ci ha detto Isabella Carloni - che mi hanno fatto superare un'iniziale ritrosia a portare questo personaggio sulla scena. Certo io non penso di 'riprodurre' Alda Merini, i cui modi e le cui parole abbiamo in tanti negli occhi e nelle orecchie, dati i numerosi video in circolazione e le sue partecipazioni televisive, io porto in scena la 'mia' Alda Merini secondo quel processo di immedesimazione-creazione del personaggio peculiare al mio essere attrice". Come nella produzione della poetessa così anche nel lavoro teatrale l'aspetto della follia è un tema dominante. I dieci anni trascorsi in manicomio - e lo diceva anche Alda Merini - hanno certamente segnato la sua vita e la sua arte ma nello spettacolo la distinzione tra follia e creazione artistica è chiara e Isabella Carloni sa ben fare emergere sia la figura artistica sia quella umana di Alda Merini. La figura, comunque, di una lottatrice, di una persona che non si è arresa alle difficoltà, al male, che ha reagito e  combattuto. "Questa sua gioia di vivere, questa sua passione per la vita - ha commentato Carloni - penso siano un esempio importante, un grande insegnamento per tutti, specie per i tempi che viviamo". Nel monologo sono "incastonate" alcune poesie di Alda Merini, tra cui anche due componimenti inediti che la poetessa dettò telefonicamente ad un'amica, un'altra di quelle che potrebbero essere definite le sue "stranezze" ma che diedero anche vita, nel 2005, ad un libro, "Nel cerchio di un pensiero", a cura di Marco Campedelli. Una modalità che, forse, può apparire dissacrante ai puristi dell'arte poetica ma che ben si confaceva con l'immagine, anche un po' grottesca e sopra le righe, che Merini amava dare di sè. Isabella Carloni ben interpreta tutti i registri dell'opera di Lo Vascio, da quello più colloquiale ed intimo a quello più sofferto e bruciante quando emergono, nel finale, il tema della sofferenza come amore e la visione mistica della poetessa che connotò la fase ultima della sua produzione riannodando il filo con i suoi primi lavori. Isabella Carloni restituisce pienamente, sulla scena, il senso del monologo come una sorta di "contenitore", uno spazio dellanima in cui traccia il ritratto, profondamente commovente, di questo grande personaggio della letteratura italiana. L'interprete marchigiana dà corpo, con struggente bravura, a tutte le voci interiori della complessa personalità di Alda Merini, sempre in bilico tra tagliente lucidità e dissociazione mentale, fino alla chiusura, straziante e bella come lo è stata la vita di Alda Merini.
"I beati anni dell'innocenza", Isabella Carloni porta in scena Alda Merini
Portare in scena un "mostro sacro" della poesia come Alda Merini, una delle più note e amate autrici italiane, con il suo fascino, le sue contraddizi...
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