Un padre che gioca a pallone con suo figlio. Una scena assolutamente normale se non fosse che non si svolge su uno dei campetti in terra battuta delle nostre periferie ma in un carcere, quello di Trapani, e che quella di poter dare insieme quattro calci ad un pallone non è esattamente l'ordinarietà per chi si trova dietro le sbarre e anche per chi sta fuori, specie se bambino. E' accaduto stamattina alla Casa circondariale in adesione alla campagna nazionale "Non un mio crimine ma una mia condanna" promossa dall'associazione Bambinisenzasbarre onlus assieme alla Lega Nazionale Professionisti Serie B con la collaborazione del Dipartimento dellAmministrazione Penitenziaria. Una rappresentanza del Trapani Calcio, mister Serse Cosmi e direttore sportivo Daniele Faggiano in testa, ha assistito - insieme ai familiari e ai figli di alcuni di loro - alla partita giocata da due squadre di detenuti. Arbitro d'eccezione è stato il centrocampista Maurizio Ciaramitaro. La società del presidente Morace - da sempre sensibile ai temi del sociale - ha donato anche alcuni gadget granata. La campagna nazionale di sensibilizzazione e raccolta fondi, partita lo scorso 9 novembre, proseguirà fino al 28 del mese. Bambininisenzasbarre onlus lavora da oltre dieci anni per i bambini, sono 100mila in Italia, che hanno i genitori in carcere e che in queste strutture devono recarsi per incontrarli, spesso tra difficoltà di vario genere, senso di vergogna e stigma sociale. I bisogni dei figli dei detenuti sono stati formalmente riconosciuti - grazie alla "Carta dei figli dei genitori detenuti" - in un protocollo d'intesa, firmato nel 2014 dal Ministro della Giustizia, lAutorità Garante dellInfanzia e dellAdolescenza e l'associazione Bambinisenzasbarre. Un'iniziativa unica nel suo genere, non solo in Italia ma anche in Europa, che riconosce il diritto alla continuità del rapporto affettivo tra figli e genitori detenuti e, allo stesso tempo, garantisce il diritto alla genitorialità per chi si trova in carcere. "L'intera comunità - si legge sul sito dell'associazione - è chiamata a non emarginare questi bambini e il sistema penitenziario è sollecitato a realizzare, allinterno delle carceri italiane, nuove modalità di accoglienza che tengano in considerazione la necessità di mantenere e proteggere i legami del nucleo familiare". Un'esigenza che - per quanto consentito dagli spazi della struttura, ormai vecchia di 50 anni, e dalle carenze di organico - si prova a realizzare alla Casa circondariale di Trapani, come hanno raccontato stamane il direttore Renato Persico, il comandante della Polizia Penitenziaria, Giuseppe Romano, e il responsabile dell'area educativa, Antonino Vanella. L'introduzione dei colloqui domenicali pomeridiani con le famiglie - che agevolano la partecipazione dei bambini e anche di coloro che devono spostarsi da altri centri per raggiungere i detenuti - e l'allestimento di una piccola area verde attrezzata con giochi per bambini intitolata, a suo tempo, ai fratellini Giuseppe e Salvatore Asta, sono un concreto esempio di "umanizzazione" del carcere. Un processo che la società civile deve sostenere e pretendere di vedere attuato. [metaslider id=81499]
Bambini e genitori in carcere, iniziativa alla Casa circondariale
Un padre che gioca a pallone con suo figlio. Una scena assolutamente normale se non fosse che non si svolge su uno dei campetti in terra battuta delle...
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