Palermo – Depositate le motivazioni del provvedimento del tribunale del riesame di Palermo che ha rigettato il ricorso presentato dai pm palermitani, che chiedevano l’arresto di Francesco Salvatore Bavetta , il medico di Marsala che la Dda avrebbe voluto arrestare per avere sottoposto a esami diagnostici delicati il boss Matteo Messina Denaro, senza poi denunciare che si era presentato sotto falso nome.
Il tribunale del riesame di Palermo ritiene che «non ricorra un solido quadro di gravità indiziaria a carico di Francesco Salvatore Bavetta». Nella motivazione del provvedimento, i giudici accolgono le tesi degli avvocati Massimo Motisi e Gaetano Di Bartolo, ricostruendo però un quadro di favori e agevolazioni di cui avrebbe beneficiato il boss: tra la colonscopia, eseguita il 3 novembre 2020 nello studio di Bavetta, e la comunicazione dell’esito dell’esame istologico, da parte di un medico del reparto di Castelvetrano (Trapani), Roberto David, passarono solo 48 ore.
Bavetta apprese infatti nella serata del 5 novembre di cinque anni fa che il paziente Andrea Bonafede aveva un adenocarcinoma, un tumore maligno che poi condusse il capomafia alla morte, avvenuta otto mesi dopo la cattura, il 25 settembre 2023.
E’ sulla consapevolezza dell’identità tra Bonafede, nato nel 1963, e Messina Denaro, che i difensori hanno avuto la meglio sulla Procura, prima col rifiuto del Gip di arrestare Bavetta e poi con il rigetto dell’appello presentato dai pm palermitani, da parte del tribunale del riesame.
L’ombra che rimane è però quella di un favoritismo quasi inspiegabile per un paziente sconosciuto, se si pensa che lo scandalo dei referti degli istologici in ritardo ha di recente travolto la sanità trapanese. Fra coloro che avevano ricevuto l’esito con un ritardo fatale anche Maria Cristina Gallo, l’insegnante di Mazara morta il mese scorso. Per otto mesi non si era potuta curare perchè, proprio all’ospedale di Castelvetrano, il referto per lei era arrivato otto mesi dopo l’intervento chirurgico in cui era stato prelevato il campione di tessuto da esaminare.
Bavetta, secondo i carabinieri del Ros, avrebbe ricevuto mille euro per la visita e la colonscopia e sarebbe stato particolarmente solerte, in favore del paziente Bonafede, chiamando anche il primario di Chirurgia dell’ospedale Ajello di Mazara, Giacomo Urso, per caldeggiare altrettanta solerzia nelle visite (l’intervento chirurgico sul latitante fu effettuato a Mazara pochi giorni dopo).
Tuttavia i giudici non ritengono certo che l’indagato conoscesse la sua vera identità. «Le dichiarazioni del medico, vaghe e reticenti – si legge nelle motivazioni – rappresenterebbero per la Procura un ulteriore elemento della consapevolezza con cui lo specialista si sarebbe interfacciato con il latitante; secondo l’accusa, infatti, non sarebbe credibile che il dottor Bavetta, medico operante nel piccolo centro di Marsala, avendo intrattenuto numerosi contatti con il paziente, avendolo visitato ben tre volte e avendo ricevuto un compenso pari a mille euro per le prestazioni rese, non fosse a conoscenza della reale identità del sedicente Bonadefe Andrea.
Il Tribunale ritiene, invece, che le circostanze rassegnate, seppur indizianti, non attingano la gravità circa la consapevolezza del Bavetta di avere in cura il noto latitante».
C’è poi un altro rilievo tecnico: a Bavetta, subito sospettato di favoritismi, le prime audizioni si sarebbero dovute fare con l’assistenza di un legale, per cui – come osservato dai suoi avvocati – non sono utilizzabili le sue risposte contraddittorie. E infine, chiosa il tribunale, presieduto da Antonella Pappalardo. «seppur la gestione dell’intera vicenda appaia anomala, avendo l’odierno indagato certamente accelerato l’iter diagnostico di Matteo Messina Denaro, ciò non conduce necessariamente a ritenere che il sanitario ne conoscesse l’effettiva identità e che ciò sia avvenuto in corrispettivo di un’assistenza volutamente ‘in incognitò, ben potendo trattarsi, alternativamente, di un paziente particolarmente facoltoso, disposto ad elargire un ‘compenso aggiuntivò al medico pur di essere curato nel più breve tempo possibile, viste le sue gravi condizioni di salute».