Trapani – Due condanne e un’assoluzione. È quanto invocato dal Pm Rosa Tumbarello, al termine della requisitoria del processo per la vicenda relativa ai passaporti e ai permessi di soggiorno in bianco sottratti alla Questura per essere poi rivenduti clandestinamente. Il processo, iniziato nel maggio 2021 davanti al giudice monocratico Massimo Corleo, oggi si tiene davanti al giudice Roberta Nodari
Due anni e mezzo di reclusione sono stati chiesti per l’ex assistente capo di polizia Angelo Patriarca, 64 anni, in servizio al Commissariato di Marsala fino al 15 marzo 2018, quando fu arrestato da suoi colleghi mentre era a Roma e rinchiuso a Regina Coeli. Patriarca che ora è in pensione, fu arrestato, poi rimesso in libertà e infine sospeso dal servizio
Tre anni e 4 mesi, invece, sono stati chiesti per il marocchino Rachid Dalal, di 39 anni, e l’assoluzione per la moglie Vita Annalisa Daunisi, residenti a Marsala.
Inizialmente, le accuse contestate ai tre furono associazione per delinquere finalizzata al peculato, furto, ricettazione e corruzione. Poi, la difesa del poliziotto riuscì, con ricorso al Tribunale del Riesame, a far riqualificare l’accusa nella meno grave truffa pluriaggravata e continuata ai danni dello Stato (pena massima: 5 anni). Derubricazione confermata dalla Cassazione.
La Procura di Trapani ha contestato il primo comma dell’articolo 476 cp, che prevede da uno a sei anni di carcere.
Secondo l’accusa, Angelo Patriarca si presentò ai colleghi della Questura “sotto falso nome” ed esibendo un’istanza del Commissariato di Mazara del Vallo “contraffatta” si fece consegnare 400 moduli di passaporto in bianco. E solo due di questi furono, poi, recuperati. Dopo l’arresto, il poliziotto ammise di avere ricevuto denaro in cambio di “atti contrari ai doveri d’ufficio”.
Fu una indagine che all’epoca fece molto scalpore e venne avviata quando negli aeroporti di Roma e Milano due extracomunitari vennero fermati in possesso di passaporti originali apparentemente regolari: c’era la filigrana della Repubblica Italiana, le firme, le foto, il numero di serie, ma al vaglio della lettura informatica il microchip non dava alcun risultato, nessun dato. Tutto faceva presagire che i passaporti non erano stati rilasciati legalmente. Interrogati dalla polizia di frontiera, uno dei due extracomunitari fermati ammise di aver pagato 3 mila euro per quel documento illegale. Vennero controllati i numeri di serie dei documenti e si scoprì che facevano parte dei 400 passaporti poco tempo prima prelevati alla Questura di Trapani.