Trapani
“Non ci sono stati contatti con i mafiosi”
Papania , la difesa punta sull'assenza di intercettazioni che provano i rapporti tra l'ex senatore e i boss
Rino Giacalone5 Luglio 2025 -



  • Papania e Perricone

    Trapani – di Rino Giacalone – Con l’udienza di ieri davanti al Tribunale, presieduto dal giudice Enzo Agate, si è concluso l’esame dell’investigatore dello Sco, il commissario Mauro Riccitelli appartenente allo Sco (Servizio Centrale Operativo) della Polizia. Si tratta del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eirene” che nell’autunno 2024 vide arrestate, con le accuse di mafia, diverse persone tra Alcamo, Calatafimi e Trapani. Una indagine della Polizia che vide in campo investigatori dello Sco, Sisco, Squadra Mobile di Trapani e Palermo e che fotografò la dinamicità di una organizzazione mafiosa del tutto non timorosa dell’incalzare dell’azione giudiziaria nel tempo condotta contro Cosa nostra.

    Gli imputati

    Tra i principali imputati ci sono due politici di rango, l’ex senatore Nino Papania e l’ex vice sindaco di Alcamo Pasquale Perricone. Con loro soggetti alcuni conclamati mafiosi tornati in auge dopo antiche condanne. Tra gli imputati tre in particolare: Francesco Coppola, indicato dalla Procura antimafia di Palermo quale nuovo capo della famiglia mafiosa di Alcamo, il commerciante di origini castellammaresi ma residente a Trapani, Giosuè Di Gregorio e Giuseppe Diego Pipitone, una sorta di “rais” nel rione popolare San Giuliano di Erice.

    Quasi tutti gli indagati sono ancora in carcere, compresi Papania e Perricone, ieri presenti in udienza collegati in video conferenza da Palermo dal carcere di Pagliarelli. E’ toccato alle difese concludere l’esame dell’investigatore, e i due avvocati, Lauria e Di Graziano, hanno parecchio puntato su un aspetto processualmente noto e cioè l’assenza di contatti diretti tra Papania e il gruppo di presunti mafiosi finiti imputati con il politico. Papania e Perricone, ex vice sindaco di Alcamo, sono accusati di voto di scambio politico mafioso.

    I legali dell’ex senatore

    Alle domande dei due legali, il commissario Riccitelli, ha risposto “di non aver accertato alcun incontro tra Papania e Di Gregorio”, “di non aver accertato alcuna promessa da parte Papania a Di Gregorio, nemmeno tramite Perricone, circa la disponibilità a concedere una qualche utilità allo stesso o ai suoi amici”. E’ la linea della difesa, nell’udienza di ieri parecchio sottolineata, quasi come se il dibattimento fosse giunto già alla fase della discussione, tanto che il presidente Agate ha anche richiamato i difensori sul fatto che venivano ripetute le stesse domande, cos’ da ottenere una risposta scontata. Già nella fase delle domande del pm Padova, il commissario Ricciuti aveva escluso l’esistenza di contatti diretti, ma aveva anche risposto evidenziando che da altre intercettazioni è emersa la consapevolezza di Papania di approcciarsi con un contesto mafioso. L’assenza di contatti diretti ha fatto presumere agli investigatori la tesi dell’accortezza dell’ex senatore ad escludere contatti diretti, durante il periodo della “caccia al voto” per sostenere il proprio candidato, Angelo Rocca, alle regionali del 2017.

    Ma la difesa ha insistito, le parole di Di Gregorio, ascoltato in una conversazione con suo fratello, esprimevano solo per ipotesi il coinvolgimento loro nella campagna elettorale per favorire Papania. Tra le domande poste dalla difesa anche quella sui clienti del ristorante gestito da Di Gregorio a Trapani, per far dire al teste che tra i clienti c’era anche un magistrato.

    Le intercettazioni

    Dalla parte dell’accusa restano i pronunciamenti giudiziari( dal gip sino alla Cassazione, dal riesame sino alla decisione dell’odierno collegio giudicante) che hanno riconosciuto fondata la misura cautelare del carcere ancora oggi applicata al senatore Papania. Esistono altre intercettazioni, come quella nella quale Papania si lamenta di Perricone che gli avrebbe fatto spendere “duemila euro per organizzare una pizziata con un gruppo di spacciatori”, o ancora quella nella quale il politico si mostra, parlando con il suo autista Piccichè, ben consapevole della congrega mafiosa.

    Mafia e colletti bianchi

    A Roma l’associazione mafiosa veniva indicata come il “mondo di mezzo”, dove la mafia si incontrava con la politica e i “colletti bianchi”, a Trapani alcune indagini su connessioni tra Cosa nostra e borghesia, indussero gli inquirenti che se ne occupavano a parlare di “terra di mezzo”, dove risiedeva e risiede ancora quell’area grigia fatta di soggetti pronti a dare manforte agli interessi mafiosi, l’indagine “Eirene” ha svelato una nuova identificazione letteraria della consorteria mafiosa, “mondo collaterale”. E’ questa la frase finita ascoltata durante le intercettazioni, e a pronunziarla sarebbe stato l’ex senatore alcamese Nino Papania. Insomma sono ancora tanti gli aspetti sui quali il dibattimento si dovrà soffermare, prima di arrivare alla sentenza. Il processo continua il 18 luglio

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