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Turismo in Sicilia: ricchezza per pochi, rischi per molti
Da risorsa economica a causa di disuguaglianze: il turismo in Sicilia solleva interrogativi su lavoro, equità e futuro delle giovani generazioni.
Redazione27 Maggio 2025 - Economia



  • Fotografia in formato 16:9 divisa in due parti: a sinistra, una famiglia felice con due bambini sorride sulla riva di una spiaggia siciliana, con mare turchese e cielo sereno sullo sfondo; a destra, una giovane donna lavapiatti in una cucina professionale, concentrata mentre lava un piatto sotto luce calda e ambiente industriale.Economia

    Il mito del turismo come salvezza: un equilibrio da ricostruire

    Sicilia – “Il turismo è il petrolio della Sicilia”. Lo ripetono da decenni, come se bastasse accendere l’interruttore e aspettare il flusso. In realtà, le cose sono più complesse.
    Sì, il turismo ha portato visibilità, investimenti, vitalità. Ma anche squilibri profondi: affitti impazziti, quartieri svuotati di residenti, contratti stagionali da poche centinaia di euro.
    E soprattutto: una generazione di giovani siciliani che lavora tanto, ma costruisce poco. Che fatica a progettare un futuro, figuriamoci a pensare alla pensione.

    La precarietà come normalità: e poi?

    Nel cuore dell’isola o sulla costa, cambiano i panorami ma non le dinamiche. I ragazzi fanno la stagione in cucina, alla reception, come guide turistiche. Lavorano duro, imparano lingue, si adattano. Ma quasi sempre a tempo. Contratti brevi, contributi irrisori. E intanto, l’età pensionabile in Italia vola verso i 71 anni.
    Con queste condizioni, chi oggi ha 25 o 30 anni – se va bene – andrà in pensione nel 2065. Forse. Sempre che abbia avuto la fortuna di lavorare abbastanza da maturare i requisiti minimi.

    Il paradosso siciliano: turismo ovunque, lavoro stabile da nessuna parte

    Palermo, Cefalù, Noto, San Vito Lo Capo, Scicli. Luoghi da cartolina che attirano il mondo. Ma anche territori dove trovare un pediatra o un treno puntuale è un’impresa.
    Nei borghi interni, si restaurano chiese ma chiudono le scuole. Si finanziano B&B, ma mancano le librerie.
    E i giovani? Costretti a scegliere: o fare la valigia per il Nord, o restare e barcamenarsi tra lavoretti, estati infinite e inverni vuoti. Una terra che chiede tanto e restituisce poco.

    Chi guadagna? E chi resta?

    Molti dei grandi profitti del turismo in Sicilia vanno a operatori esterni, portali internazionali, investitori immobiliari. La ricchezza si concentra, i margini per chi vive sul posto si assottigliano.
    Eppure, l’isola continua a finanziare promozione, eventi, bandi con fondi pubblici. Il turismo estrae valore dai territori, ma raramente lo reinveste nelle comunità.

    Un’altra via è possibile: turismo come base, non come destino

    Trasformare il turismo in un vero volano occupazionale non è utopia. Ma serve cambiare prospettiva. Non più turismo “per” i turisti, ma “con” chi abita i luoghi.

    • Incentivi mirati per chi assume con contratti stabili
    • Formazione di qualità e accessibile in gestione culturale, marketing territoriale, imprenditoria giovanile
    • Investimenti nelle infrastrutture, nei trasporti, nei servizi pubblici
    • Accesso agevolato al credito per chi vuole restare e fare impresa, non solo ospitalità

    Solo così il turismo potrà essere una scelta dignitosa, non un ripiego. Una strada che porta lontano, e non un vicolo cieco.

    Dare ai giovani una vera possibilità

    I giovani siciliani non chiedono scorciatoie. Chiedono rispetto. Opportunità. Fiducia. E una visione che non li costringa a vivere di estati e sopravvivere agli inverni.
    Perché chi lavora nel turismo oggi, tra turni infiniti e stipendi bassi, rischia di essere escluso domani da ogni forma di sicurezza.
    E allora, che futuro è?

    Forse la vera sfida della Sicilia non è aumentare i flussi turistici, ma dare un senso a ciò che resta quando i turisti vanno via. A cominciare dai giovani. A cominciare da qui.

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