ROMA – Una svolta epocale per i diritti dei detenuti. A oltre un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) ha pubblicato le prime linee guida che regolano l’accesso alla sessualità in carcere. Si tratta di un vero e proprio “diritto soggettivo”, come lo ha definito la Consulta, e si traduce nella possibilità per i detenuti di vivere momenti intimi con il coniuge o il convivente, in spazi appositamente predisposti.
L’iniziativa partirà in sei istituti penitenziari pilota: Napoli Secondigliano, Firenze Sollicciano, Brescia, Trento, Civitavecchia e Bologna, con l’obiettivo di estendersi progressivamente a 32 strutture su tutto il territorio nazionale.
I colloqui intimi potranno durare fino a due ore e si svolgeranno in stanze arredate con letto e servizi igienici, senza possibilità di chiusura dall’interno. La sorveglianza sarà esterna, affidata a personale di Polizia penitenziaria, che controllerà anche l’accesso e le condizioni degli ambienti prima e dopo ogni incontro.
Potranno accedere a questo diritto solo il coniuge o il convivente stabile del detenuto, e in alcuni casi sarà consentito più di un incontro al mese. I detenuti prioritari saranno quelli senza permessi premio o benefici penitenziari, con pene più lunghe o periodi di detenzione più estesi, e in possesso di buona condotta.
Il Dap chiarisce che non tutti i detenuti potranno accedere a questi incontri: ne resteranno esclusi coloro che si trovano in regime di 41-bis, chi è stato trovato in possesso di droghe, telefoni cellulari o armi improprie. La decisione finale sarà subordinata anche a motivi di sicurezza interna.
Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha dichiarato che solo 32 degli attuali 189 istituti penitenziari sono pronti ad accogliere questa novità, dopo adeguamenti strutturali significativi. Gli altri 157 istituti, al momento, non dispongono di spazi idonei.
Non sono mancate le polemiche. L’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia penitenziaria, con il segretario Leo Beneduci, ha criticato duramente la misura: “Le ricadute in termini di degrado igienico-sanitario saranno devastanti. Non esiste un protocollo di sanificazione, nessuna prevenzione per le malattie sessualmente trasmissibili, né risorse o personale medico adeguato”.
Ben oltre il diritto all’affettività, dunque, il dibattito si allarga alla gestione concreta di un cambiamento epocale, tra tutele da garantire, spazi da adeguare e condizioni di lavoro del personale da migliorare.
Fonte: ANSA – “Due ore e mai la porta chiusa”, 11 aprile 2025, ore 18:33
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