Roma – Il rinnovo del contratto dei docenti è tornato al centro del dibattito, ma le premesse non sono incoraggianti. Dopo oltre due anni di attesa, la trattativa è partita tra grandi aspettative e le solite problematiche: risorse economiche limitate e una valorizzazione professionale che rischia di tradursi in una manciata di euro.
I governi, indipendentemente dal colore politico, hanno sempre sbandierato l’intenzione di migliorare le condizioni economiche dei docenti. Tuttavia, nei fatti, gli aumenti stipendiali si sono spesso rivelati minimi, accompagnati da arretrati contrattuali che servono più a coprire le promesse elettorali che a garantire un vero riconoscimento economico.
I mass media, come in passato, diffonderanno la notizia di aumenti significativi, enfatizzando il salario percepito dai docenti sulle sole diciotto ore di insegnamento settimanale, senza considerare le numerose ore di lavoro extra richieste. Un copione già visto che, tra promesse e narrazioni ingannevoli, rischia di lasciare i docenti con una busta paga poco più pesante, mentre aumentano le responsabilità e gli oneri.
La frammentazione della categoria e le nuove figure professionali
Uno degli obiettivi perseguiti dal Ministero dell’Istruzione è stato mantenere basse le retribuzioni e, al contempo, moltiplicare le mansioni e le figure professionali nel mondo della scuola. Ne sono un esempio il docente tutor e il docente orientatore, ruoli pensati per personalizzare l’apprendimento e guidare studenti e famiglie nella scelta dei percorsi formativi e professionali.
Seppur sulla carta queste figure sembrino innovative e utili, sorgono dubbi sulla loro effettiva necessità. Infatti, le funzioni del tutor e dell’orientatore erano già svolte in passato dai docenti, con competenza ed esperienza, attraverso attività consolidate come l’alternanza scuola-lavoro, il sostegno agli studenti in difficoltà e le commissioni di orientamento.
Rischi e criticità delle nuove misure
L’introduzione di queste nuove figure potrebbe generare sovrapposizioni di ruoli, confusione tra studenti e famiglie e un possibile disorientamento anziché una maggiore chiarezza. L’intento del Ministero potrebbe essere quello di semplificare, ma resta il timore che si tratti di un ulteriore tentativo di frammentare la categoria dei docenti, già divisa e priva di una forte coscienza collettiva.
Inoltre, il finanziamento per questi nuovi ruoli ha già mostrato difficoltà operative, e in alcuni casi il progetto è stato definito un fallimento. Pur con nuovi fondi a disposizione, viene spontaneo chiedersi: ha davvero senso investire in tutor e orientatori quando le priorità della scuola sono ben altre?
Un sistema che ha bisogno di certezze
La scuola necessita di stabilità, investimenti mirati e un reale riconoscimento del ruolo dei docenti. L’aggiunta di figure specializzate rischia di creare più problemi che benefici, togliendo attenzione e risorse alle vere necessità del sistema scolastico.
In un passato non troppo lontano, tutto sembrava più semplice. O forse no, ma almeno i docenti avevano un ruolo ben definito e rispettato. Oggi, tra riforme parziali e promesse mancate, resta solo una speranza: che l’istruzione torni a essere una priorità reale e non solo un tema di propaganda.